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FALSA RIPARTENZA PER IL GOVERNO CONTE

A fine luglio l’ISTAT prevedeva un calo del PIL del 12,4% rispetto al primo trimestre dell’anno e del 17,3% rispetto allo stesso periodo del 2019. Previsione errata per difetto perché, in base ai dati ufficiali, il PIL precipita del 12,8% rispetto al primo trimestre di quest’anno e del 17,7% sull’anno. Il governo viene coperto di critiche sia da Forza Italia che contesta la politica dei bonus e dell’assistenzialismo mentre la Lega osserva che “se l’Italia fosse un’impresa privata dovrebbe portare i libri in tribunale”. Il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri cerca di sdrammatizzare parlando di improbabile rimbalzo del PIL nel terzo trimestre dell’anno, ricordando che sono aumentate le entrate tributarie cresciute del 9% rispetto alla stessa data del 2019. Secondo il ministro un primo strumento per far risalire il PIL potrebbe essere costituito dalle risorse del programma REACT-EU. Si tratta di utilizzare 15 mld. disponibili subito sulla quota dei 209 mld. che dovrebbero toccare all’Italia in base al Recovery Fund ma il governo – come raccontato da La Repubblica del 31.8 – “sta studiando un modo per incorporare un anticipo del Recovery Fund pari al 10% per cui potrebbe includere anche i 20 mld. previsti nella prossima legge del bilancio da destinare in parte al sostegno delle famiglie e in parte per abbassare le classi del ceto medio”. Ma dimentica il ministro che la legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2021 mentre l’anticipo del Recovery Fund non sarà disponibile prima di maggio per cui cominciamo a temere che, per far approvare la legge di bilancio, il governo dovrà far ricorso ad ulteriori prestiti da attingere sul mercato finanziario, semmai ricorrendo ad una nuova emissione di BPT che porterà ad un ulteriore aumento del debito. Insomma, una soluzione quella prospettata che non risolve proprio niente. Ma vi è uno strumento al quale questo ministro e questo governo hanno deciso di rinunziare ed è quel benedetto MES di 36 mld. circa che, secondo Conte ma anche secondo il M5S, sarebbe una trappola per controllare i conti italiani mentre fior di politici hanno precisato che si tratta di un prestito a lungo termine e senza condizioni. Recentemente anche l’ex premier Renzi ha detto “dire no al fondo è un suicidio per un paese indebitato”. Senza contare che nelle banche italiane giacciono 11-12 mila miliardi di euro, frutto dei risparmi degli italiani, per cui una buona patrimoniale potrebbe alleggerire il debito e far capire all’UE che sono anche i cittadini italiani ad intervenire con i propri risparmi per contribuire all’abbassamento del debito e incrementare la spesa per gli investimenti senza gravare sul futuro dei nostri giovani. A patto però che il governo dia segnali precisi perché entro il 15 di ottobre va presentato alla Commissione europea il Recovery Plan per poter chiedere l’anticipo del 10% dei fondi. In un’intervista rilasciata il 31 agosto scorso a La Repubblica l’ex Ministro dell’Economia Padoan dichiara che “servono investimenti subito ma senza inseguire logiche elettorali”.  “Si dovrebbero –aggiunge – presentare progetti che seguano principi semplici, alcuni già indicati dall’Europa…anche perché il Recovery Plan non può non essere parte integrante della legge di bilancio che vedrà l’abbandono della logica dei bonus per assumere una fisionomia di crescita”. Un aspetto questo sottolineato anche dall’ex Presidente della BCE Mario Draghi che già al meeting di Rimini ha fatto appello al governo di abbandonare la politica dei sussidi e dare impulso agli investimenti produttivi anche per creare nuovi posti di lavoro per i giovani. Raccomandazione che Draghi ha ripetuto nel corso di una recente conversazione tenuta col Direttore dell’Unità Operativa del Gemelli, Filippo Crea, nel corso di un congresso ha ribadito che “gli incentivi devono creare nuovi lavori non salvare quelli vecchi”. “Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”, come ha ribadito nel suo discorso a Rimini. Sempre nel corso di questa conversazione Draghi ha espresso il suo pensiero politico: “i sussidi dovranno scendere ma nello stesso tempo si creeranno posti di lavoro per i giovani”. A proposito di attacchi ai sussidi, ad aumentare il carico è il sociologo Luca Ricolfi che si trova d’accordo con Draghi: “Non si può più andare avanti in eterno – scrive – con i sussidi e il blocco dei licenziamenti. L’alternativa è quella di diventare una società parassita di massa in cui una piccola minoranza lavora e la maggioranza vive di sovvenzioni”. Ma questa soluzione è poco praticabile perché nel giro di qualche anno l’economia crollerebbe “in presenza di un sistema economico globale che non fa sconti a chi sbaglia il percorso. Ed è questo oggi che bisogna evitare: certo non possiamo essere tranquilli difronte ad un esecutivo che fatica a trovare l’accordo al suo interno, che sembra lavorare senza indicare la strategia che ritiene di seguire, che governa ancora a colpi di piccone rifiutando qualsiasi confronto con il Parlamento. Né ci rassicura il silenzio tenuto dal Premier Conte in questo ultimo mese, sintomo – come scrive “Il riformista”- “di una difficoltà politica che ormai non è più possibile nascondere”. Forse si può trattare anche di una tattica per lasciare che siano i partiti di governo a sciogliere i nodi della politica. “Il problema è che non risponde alle opposizioni ma che non risponde neppure agli appelli della maggioranza”. Sull’immigrazione la ministra Lamorgese aveva posto la questione all’attenzione del governo che però era impegnato in altro. E certo non è intervenuto neppure quando Salvini si è permesso di dare della “criminale” alla ministra e al governo. “Come tace – ed è un silenzio molto pesante – sul referendum sul taglio dei parlamentari”. Mentre si fa sempre più forte la scelta del NO, il segretario dem. Zingaretti, che convinse la base del partito nell’ottobre scorso a votare il SI’ in nome della tenuta della neonata coalizione, ha chiesto a Conte sia oggi che ieri, di far rispettare i patti sottoscritti: approvare almeno in un ramo del Parlamento la nuova legge elettorale e i correttivi costituzionali. Improbabile che questo sia fatto oggi per cui l’esito del referendum potrebbe creare problemi alla coalizione di governo. Forse ancora una volta Conte vuole apparire come il salvatore della coalizione di governo per veder crescere la propria popolarità ma soprattutto per veder consolidare la sua posizione all’interno del governo. Ma neanche questo lo giustifica a restare estraneo alla vita del governo anche per quanto riguarda i problemi istituzionali. Il silenzio di Conte riguarda anche la ministra Azzolina, nel mirino per la scuola e la ripartenza che il capo-gruppo PD al Senato, Andrea Marcucci, ha definito “inadeguata”. Non è un caso dunque che Renzi per la prima volta abbia parlato di “rimpasto e governo tecnico per gestire la grande ed unica occasione che l’Italia ha per ripartire”. Non è un segreto che molti politici a capo di questo nuovo governo fanno il nome di Mario Draghi. Non sarebbe certo una scelta sbagliata, soprattutto per il credito che Mario Draghi gode anche a livello europeo mettendo fine alla breve stagione politica di un personaggio che ha brillato fino ad oggi per la disponibilità a cambiare casacca, pur di restare a capo del governo. Grazie da una parte ai populisti del M5S e dall’altra ai contrasti interni al PD, accrescendo ingiustamente i meriti di questo personaggio.

7/9/2020

Falsa ripartenza per il governo Conte

 

 

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