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E’ TORNATA LA PACE NEL NAGORNO-KARABAKH?

Difficile dirlo; apparentemente l’accordo raggiunto tra i due paesi grazie alla mediazione di Putin, che sembrava voler restare fuori dal conflitto, ha riconosciuto il diritto dell’Azerbaijan di rientrare in possesso dei territori che già facevano parte del paese  e che erano stati occupati dagli armeni nella guerra del 1994, sebbene oggi nel Nagorno-Karabakh non è rimasto alcun cittadino azero. Ma la soluzione dettata da Mosca è anche conseguenza del fatto che dopo sei settimane di aspri combattimenti, le truppe di Baku avevano sbaragliato le difese armene per cui la posizione di Mosca cominciava a diventare delicata perché, in alternativa, in base al Trattato che la legava al regime armeno, la Russia avrebbe dovuto inviare le sue truppe a bloccare l’avanzata azera nel territorio dell’Armenia. In questo modo, avrebbe favorito i piani di Ankara che avrebbe avuto l’occasione buona per intervenire al fianco dell’Azerbaijan come più volte aveva dichiarato lo stesso Erdogan che tendeva a portare la guerra fino in fondo. L’intervento di Mosca ha fatto capire come non intendeva aprire le porte ad un avversario che non aveva e non ha mai nascosto le sue mire di diventare il portavoce di un vasto fronte mussulmano ma soprattutto, nel caso specifico, consentirgli di controllare la rotta del petrolio che dall’Azerbaijan arriva in Europa. Ovviamente si è ben lontani dall’aver raggiunto una pace duratura in quanto l’accordo non fa menzione del futuro status costituzionale del Nagorno-Karabakh tanto più che l’Azerbaijan ha ottenuto un collegamento diretto con la Turchia mentre l’Armenia ha perso tutti i territori conquistati nella guerra degli anni ’90, conservando un corridoio che mantiene aperto un collegamento tra Armenia e Step’anakert, la capitale dell’autoproclamatosi Nagorno-Karabakh.      Ma non con Shusha. Proprio una settimana prima i giovani soldati dell’esercito del Nagorno-Karabakh e i volontari arrivati da Yerevan avevano giurato che, se Shusha fosse stata occupata dal nemico, si sarebbero nascosti in montagna per proseguire di lì la loro guerra “partigiana” in quanto la città di Shusha costituisce per gli armeni una Gerusalemme locale. Dopo l’annuncio della tregua, la folla a Yerevan ha occupato e saccheggiato l’ufficio del premier Pashinjan, accusandolo di “tradimento”, mentre 2000 soldati russi entravano nel Nagorno-Karabakh con il compito di mantenere la pace e qui resteranno per almeno 5 anni prorogabili per altri 5, per favorire il rientro dei 700mila rifugiati azeri che erano stati espulsi dagli armeni negli anni ’90. Un successo di Putin che ha confermato di mantenere saldo il suo controllo su quell’area geo-politica. Probabilmente, questo accordo travolgerà la giovane democrazia armena e si spegneranno anche le timide aperture di Yerevan nei confronti dell’UE. Né era possibile per la Francia fornire alcuna forma di aiuto all’ Armenia, tenuto conto che già l’ONU negli anni scorsi aveva riconosciuto – come presupposto essenziale di una pace duratura – la restituzione da parte dell’Armenia alla Azerbaijan dei territori conquistati nel corso della guerra del 1994. Arbitro del conflitto è oggi Putin ma non si sa fino a quando potrà reggere questa tregua perché il confronto tra i due paesi non è di oggi ma viene da lontano per cui se l’UE e con essa l’Europa non riuscirà a fornire ad entrambi i contendenti una prospettiva di pacifica convivenza, continuerà a restare aperto un conflitto che potrebbe riesplodere soprattutto se peggiorerà la crisi economica e se le potenze regionali come l’Iran e la Turchia, non rinunceranno alla prospettiva di allargare la loro influenza in quest’area. L’UE, anche se tardivamente, potrebbe contribuire a costruire un clima di fiducia reciproca che possa convincere a riporre il fucile. Una soluzione ci sarebbe se l’UE, già in buoni rapporti commerciali con Yerevan, potesse nei prossimi anni collaborare con entrambi i paesi per una rinascita economica che può partire, oltre che dalle ricchezze del sottosuolo, anche dalla bellezza sconfinata di questa regione che potrebbe trovare nello sviluppo del turismo un’alternativa all’economia tradizionale che certo non riesce ad assicurare ad entrambi i popoli una sicurezza economica e una stabilità politica.

16/11/2020

E’ tornata la pace nel Nagorno Karabakh

 

 

 

 

 

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