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DRAGHI vs. ERDOGAN e l’EUROPA

La scorsa settimana, nel corso di una conferenza stampa, Draghi ha assunto una posizione molto dura sul leader turco: “non condivido il comportamento di Erdogan nei confronti della Presidente della Commissione Europea, mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che ha dovuto subire” aggiungendo subito dopo “con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono…..uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società, ma bisogna essere pronti anche a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese”. Poche ore dopo il Ministro degli Esteri turco ha condannato fermamente “l’inaccettabile retorica populista del Presidente del Consiglio Draghi”. A fine marzo ricordiamo la Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne sollevando nuovamente il problema del mancato rispetto dei diritti umani in Turchia. Draghi aveva già fatto riferimento alla Turchia nel suo discorso di insediamento il 17 febbraio e al Summit del 10 dicembre scorso, mentre Francia e Grecia chiedevano sanzioni contro Ankara, a causa delle trivellazioni non autorizzate nel Mediterraneo orientale da parte turca, sia Roma che la Germania avevano avuto una posizione più morbida perché la Turchia è stato il primo paese della Nato per export non solo di forniture militari ma il suo intervento è stato decisivo in alcuni teatri di crisi importanti per l’Italia come la Libia. Successivamente il governo turco ha convocato presso il Ministero degli Esteri l’ambasciatore italiano in Turchia cui ha richiesto il “ritiro immediato di queste affermazioni impertinenti ed inopportune”. Anche il Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio è rimasto sorpreso della franchezza del linguaggio di Draghi e sta cercando una posizione comune tra Farnesina e Palazzo Chigi per rispondere ai turchi. Nel frattempo le autorità turche hanno cominciato a lanciare dei segnali minacciosi per alzare il livello del confronto. Una prima ritorsione è scattata contro la Leonardo, una industria tecnologica a controllo di Stato, sospendendo la firma del contratto per l’acquisto di 10 elicotteri di addestramento. Una commessa del valore di oltre 70 milioni di euro dopo una trattativa che era durata più di due anni. Fonti di Palazzo Chigi stanno cercando di minimizzare la situazione sostenendo che la nostra diplomazia è all’opera per rasserenare le relazioni; comunque, il portavoce dell’AKP, il partito di Erdogan, ha accusato di ipocrisia il nostro Paese: “queste persone che trattano i migranti in maniera dittatoriale ed immorale che pensano di doverci dare lezioni di democrazia”. Ma lo scontro si è allargato. Il Presidente turco ha scelto la Libia per giocare la sua partita con il premier italiano Mario Draghi, convocando per lunedì scorso mezzo governo libico ad Ankara per un vertice ai massimi livelli con il leader turco. Si tratta di un chiaro avvertimento per l’Italia in quanto Ankara fa valere la sua posizione conquistata sul campo di battaglia difendendo Tripoli dall’avanzata del generale Haftar e dei mercenari russi per costringere Roma a ritrattare le accuse al suo leader, minacciando di chiuderle la porta in faccia in Libia. In effetti è in gioco lo sviluppo economico della Libia da cui si vuole escludere l’Italia ma la grande arma di Erdogan resta soprattutto il controllo delle migrazioni e il memorandum del 2018 che crea la zona di giurisdizione marittima turco-libica che taglia in due il Mediterraneo e danneggia in modo molto grave la Grecia. Nei giorni scorsi, in occasione della visita a Tripoli del nostro premier, anche il premier greco presente all’incontro, ha chiesto al governo libico di recedere dal memorandum ottenendo solo una promessa di mediazione. La partita a scacchi dunque è ancora in corso. Stavolta sullo scacchiere libico sono intervenuti solo i suoi ministri per cui oggi tocca a Draghi di decidere quale tattica adottare. Se Draghi ritiene necessario dire la verità su Erdogan non si capisce perché non parli della Libia i cui porti certo non sono sicuri, mentre, ha recentemente ringraziato la Guardia costiera libica per l’opera di salvataggio in mare, quando tutti i rapporti delle organizzazioni internazionali e di quelle non governative, condannano i metodi utilizzati contrari al rispetto della vita umana perché la difesa dei diritti umani e dello stato di diritto può essere una linea di politica estera ma per essere credibile va applicata a 360 gradi. Sarà interessante vedere che cosa Draghi andrà a proporre alla conferenza sul futuro dell’Europa per rafforzare l’integrazione nel campo della politica estera; soprattutto che cosa pensa della proposta tedesca di procedere alla creazione di un esercito europeo comune, in aggiunta a quello degli Stati membri “perché è evidente – lo scrive Euractiv sul suo sito- che l’Italia da sola non è in grado di rispondere a nessuna delle crisi geo-politiche… né è in grado di garantire davvero la propria sicurezza e senza un forte rafforzamento degli strumenti europei in materia – incluso il superamento della regola dell’unanimità – continueremo a subire le iniziative di leader autoritari come Erdogan o Putin”. E’ chiaro a questo punto che Draghi ha voluto con le sue parole da una parte far presente ai signori del sovranismo europeo, tra i quali primeggia certamente Erdogan, che il rispetto dei diritti umani non è merce di scambio tra Stati e dall’altra inviare un monito all’UE perché adotti una politica estera comune indicando così la strada da percorrere per il futuro dell’UE.

Aprile 2021

Draghi vs. Erdogan e l’Europa

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