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DOVE CI PORTA LA CRISI DI GOVERNO

Ho osservato, ma non sono il solo a farlo, come la maggior parte della stampa italiana si sia schierata con le ragioni spiegate dal premier Conte criticando l’azione di Renzi. Il sostegno a Conte è fondato essenzialmente sulla fede in Conte e sull’avversione nei confronti di Renzi. Insomma, si è personalizzato uno scontro politico che ha ben altre motivazioni, peraltro riconoscendo a Renzi di aver portato alla luce le difficoltà di questo governo da una parte a rispettare i tempi per la preparazione del Recovery Plan e dall’altra l’intransigenza del premier Conte a difendere il suo operato. “Sembrava che il populismo – scrive il quotidiano Il Riformista del 17 u.s. – avesse avuto qualche battuta di arresto ma quello che sta accadendo in queste ore mostra l’esatto contrario”. “Nessuna chiarezza sulla redazione del Recovery Plan, sui ritardi accumulati e men che meno sono state spiegate le ragioni per cui non si è ritenuto opportuno attingere alle risorse del MES, nonostante le carenze del nostro sistema sanitario”. Come scrive sempre sulle colonne del quotidiano “Il Riformista” del 14 u.s. “il presidente Conte non ha capito che gli manca quella visione indispensabile alla guida del Paese in un momento così difficile e impegnativo”. Lo stesso presidente di Italia Viva Ettore Rosato ha dichiarato che “se Conte vuole risolvere la crisi lo fa in due ore, anche oggi pomeriggio”. Era il 17 u.s., ma Conte ha inteso proseguire nella sua battaglia cercando di costruire una maggioranza che regge solo sulle sabbie mobili, puntando a rafforzarsi con l’ingresso di cinque senatori, senza fare alcuna apertura a Renzi e questo prima di mercoledì prossimo, quando a Palazzo Madama, si voterà sulla relazione del ministro della Giustizia Bonafede che potrebbe mettere in crisi seriamente la maggioranza raccogliticcia del governo. Lo stesso guardasigilli non nasconde la sua preoccupazione per questo voto che critica Renzi per un no ad un testo che il capo di Italia Viva – afferma Bonafede- sa che è stato scritto anche con la collaborazione della componente politica di Italia Viva. Un’affermazione menzognera in quanto Renzi ricorda che lo scontro si accese molto prima della pandemia innanzitutto sul problema prescrizione e successivamente quando Italia Viva fu sul punto di votargli contro quando al Senato centrodestra e Più Europa chiesero la sfiducia sulle scarcerazioni. Ancora Bonafede – su La Repubblica del 21 u.s. – sostiene che “nel testo del Recovery Plan c’è proprio quello che Renzi chiede, 2,3 miliardi di euro per assumere magistrati e cancellieri, e smaltire i processi” dimenticando che “ Italia Viva boccia la riforma penale e civile, la riforma del CSm, cioè la base per spendere i soldi”. Ma se non fosse il voto di Italia Viva a far cadere questa altra perla del governo e di Bonafede, in particolare, va ricordato che il progetto di riforma è avversato anche dalla classe forense ed in parte anche dai magistrati, tanto per sottolineare il clima di sovranismo che regna in questo governo. Il 22 c.m, l’operazione lanciata da Conte comincia a vacillare visto che i tempi non sono sufficienti e un voto negativo sulla risoluzione potrebbe riaprire la crisi di governo o provocare le dimissioni del governo mentre la fronda filo-renziana si dice disponibile per ricucire lo strappo, se il premier si dichiara disposto a lavorare collegialmente ritornando così ad una politica di coesione. Anche all’interno del PD non si esclude questa possibilità di ricucire il rapporto con Italia Viva e così in un’intervista di venerdì scorso il sindaco dem. di Bergamo, Gori, non esclude che possa esserci un Conte-ter che possa contare su una maggioranza ampia europeista “con l’appoggio delle forze che hanno dato vita al Conte bis, più quelle liberali e popolari presenti in Parlamento, l’Europa Più, senza escludere Italia Viva”. Una decisione questa che potrebbe mettere in salvo l’attuale governo dal rischio di un ritorno alle urne, visto che non avrebbe altre alternative di risalire al Colle che non sarebbe più disposto probabilmente a riaffidare a Conte l’incarico per la formazione di un nuovo governo. “Conte lo dovrebbe sapere – scrive Fabio Masini su Euractiv Italia del 22 u.s – che “ha vinto la prima battaglia che si annuncia come una lunga guerra che purtroppo rischia di essere logorante per il paese e per noi cittadini”. Tabacciuscendo da Palazzo Chigi dove ha incontrato Luigi Di Maio ha dichiarato che “la possibilità di rafforzare la maggioranza c’è ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura ma credo che in Italia Viva ci siano posizioni più concilianti” non escludendo così il ritorno di Italia Viva nell’area di governo. La BCE ha dichiarato di voler andare avanti con il QE da 1850 miliardi fino al marzo 2022. Un eventuale ritardo dell’Italia la lascerebbe fuori da questa copertura emergenziale mettendo in discussione anche l’acquisto dei buoni del tesoro italiani da parte della BCE. E’ dunque necessario “rafforzare il fronte delle forze politiche, che hanno a cuore non solo il futuro dell’Italia ma anche il futuro dell’UE, senza la quale l’Italia sarebbe travolta e risucchiata nel vortice creato dal confronto mondiale tra grandi potenze” scrive Guido Montani professore all’Università di Pavia. Pertanto la via di uscita della crisi italiana potrebbe essere un patto per un’Italia europea che potrebbe fondarsi su tre punti: 1) l’approvazione del piano con l’indicazione di precise scadenze per gli investimenti e le riforme programmate. Il rischio che l’Italia non riesca a realizzare queste riforme potrebbe mettere a rischio il successo europeo del Piano; 2) Inoltre l’Italia dovrebbe offrire serie garanzie per il rientro del suo debito pubblico entro la soglia della sostenibilità; 3) dovrebbe infine garantire al Paese le riforme che il governo deve proporre in vista della Conferenza sul futuro dell’Europa. Fra i quali proporre: a) la creazione di un esercito europeo come proposto dal partito del SPD; b) l’abolizione del diritto di veto sia nel Consiglio dei Ministri sia nel Consiglio Europeo. Una riforma questa ultima che potrebbe, in tempi rapidi, trasformare l’attuale UE in uno Stato federale realizzando così un obiettivo per il quale si sono spesi tanti politici italiani a partire da Spinelli, che hanno dato un incisivo impulso alla costruzione europea. Mentre siamo qui alle prese con una crisi politica che potrebbe avere conseguenze disastrose per l’Italia, l’UE sta allargando la prospettiva di adesione non solo ai paesi balcanici, prossima a concretizzarsi, ma continua ad attrarre nella sua orbita altri paesi ai confini con l’Europa come la Georgia o la Moldavia diventando così un protagonista della futura storia mondiale e l’Italia non può essere fuori da questo quadro facendosi attrarre dalle sirene di un bolso sovranismo. Questo scrivevamo lunedì scorso: il premier Conte, dopo aver esaminato la situazione, alla luce anche di una possibile sconfitta sulla proposta di riforma giudiziaria, ha bruciato i tempi e deciso di salire oggi al Quirinale a fornire le sue dimissioni al Presidente della Repubblica, nella prospettiva di avere un ulteriore incarico di un nuovo governo Conte-ter. Il successo di questa manovra sarà legato certamente alla decisione di Conte di riaprire il dialogo con Italia Viva. Non guasterebbe, in questo tormentato svolto storico, un po’ di umiltà sia da parte innanzitutto del premier sia da parte di Renzi. Resta fortissimo il rischio che, in mancanza di questa prospettiva, l’Italia resti fuori dai giochi europei, senza poter disporre dei fondi del Recovery Fund e soprattutto azzerando ogni fiducia dei partner europei nei confronti del nostro paese.

26.01.2021

DOVE CI PORTA LA CRISI DI GOVERNO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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