skip to Main Content

CONFLITTO IN UCRAINA E CRISI ENERGETICA

Non c’è dubbio che la crisi energetica che è esplosa in tutta l’Europa sia conseguenza  diretta della guerra in Ucraina. Una guerra fomentata da USA e Gran Bretagna che già da anni stavano collaborando con il presidente dell’Ucraina, soprattutto per utilizzare il conflitto ed allargare la sfera di influenza della NATO senza tener conto degli accordi che erano stati presi dai paesi dell’UE e dalla NATO con la Russia all’epoca in cui Gorbaciov aveva deciso di mettere fine all’URSS. Purtroppo, nonostante le proteste dell’esecutivo russo, la NATO ha aperto le porte ai paesi che già facevano parte dell’URSS come i paesi baltici ma anche ai paesi dell’ex area di influenza dell’URSS – come i paesi dell’Europa centrale costruendo una nuova cortina di ferro attorno alla Russia. Recentemente, anche i paesi che erano rimasti neutrali, come la Finlandia e la Svezia hanno aderito alla NATO senza dimenticare paesi come la Bulgaria e della ex Jugoslavia.

Purtroppo, l’attivismo della NATO, contrario agli accordi raggiunti, ha rovinato i rapporti tra UE e Russia. L’atteggiamento minaccioso degli USA ma soprattutto il silenzio dell’Europa accompagnato dalle prime sanzioni prese contro la Russia hanno spinto Putin a rispondere con l’unica arma che aveva a disposizione: quella di minacciare la sospensione delle forniture, un’arma  a doppio taglio che danneggia non solo la Russia ma forse ancora di più i paesi dell’UE.

Se la Russia, che fino ad ora ha rispettato i contratti in corso con i paesi occidentali, decidesse di bloccare i rifornimenti del greggio e del gas in Europa, il primo paese a farne le spese sarebbe la Germania che andrebbe incontro ad una grave crisi recessiva. Lo prevedono i principali istituti economici tedeschi. La perdita del PIL sarebbe di circa 220 miliardi di euro equivalenti a più del 6,5% della produzione economica annuale, ma con conseguenze gravi per tutta l’Europa. La Germania infatti è il paese di gran lunga più dipendente da Mosca, anche più dell’Italia. Le sanzioni si stanno rivelando, come aveva previsto più di un commentatore politico, un’arma a doppio taglio. All’inizio della guerra, la Germania era dipendente dal gas russo per il 55%  contro il 40% dell’Italia. Dopo aver completato la costruzione del Nord Stream 2 la previsione era di raddoppiare addirittura le forniture (da 10 a 20 mld di metri cubi all’anno) ma Berlino ne ha sospeso l’apertura con il risultato di far innervosire ulteriormente i russi che invece vi vedevano un segnale molto positivo di Ostpolitik in continuità con la politica che per molti anni era stata un punto fermo per l’esecutivo tedesco, quando cancelliere era ancora Angela Merkel, interessata a diversificare la sua politica da quella degli USA. Una politica che aveva fatto sperare l’inizio di una collaborazione a livello europeo per assicurare la sicurezza in tutto il continente, lontano dalla politica degli USA e della NATO che nel decennio scorso era entrata in crisi. Basta ricordare che Macron all’epoca aveva dichiarato che era finita l’epoca della guerra fredda per cui nessuna necessità c’era di mantenere in vita un cadavere in decomposizione come la NATO. Ancora ricordiamo che l’UE aveva il progetto di creare un vero esercito europeo. Prospettiva contro la quale si è mossa sia la NATO che gli USA che dietro le quinte hanno fatto il tifo perché la Gran Bretagna si staccasse dall’UE e poi chiedendo alla Germania di rinviare l’apertura del nuovo gasdotto Nord Stream 2. L’avvio purtroppo del conflitto ha congelato questa decisione e proprio per questo Putin si sta accanendo a ridurre i flussi delle forniture. Da una parte la Russia sta bruciando grandi quantità di gas mentre alla Germania non resta che rimettere in funzione le centrali a carbone che aveva in programma di eliminare contando appunto sul maggior gas che sarebbe arrivato con il Nord Stream 2, e utilizzando le tre centrali nucleari rimaste in servizio che dovevano essere chiuse entro il 31 dicembre di quest’anno, come aveva promesso la nuova ministra verde per l’Ambiente, con buona pace della lotta  al cambiamento climatico. Un grosso colpo per la Germania che aveva avviato un progetto di diversificazione energetica e che oggi è costretta ad acquistare tre rigassificatori da posizionare nel Mar del Nord per liquefare il gas che arriva dagli USA. Anche se la dipendenza da Mosca è più limitata, non sono previsti sostanziali miglioramenti prima del 2024 ed è questo il motivo per cui non solo la Germania ma anche il resto d’Europa sono a rischio recessione: l’UE dovrà combattere l’inflazione ma anche il pericolo di recessione. Come fare? Di fatto sia gli incentivi che si vogliono prendere per i privati e l’Industria, sia la riduzione dei consumi, costituiscono solo palliativi temporanei, senza dimenticare che tali provvedimenti finiscono per aumentare ilo debito pubblico. Il problema non è quello di regolare il prezzo del gas a livello europeo, perché le fluttuazioni di mercato dipendono dalla bolla speculativa del mercato finanziario, mentre non è possibile sostituire alle forniture russe quelle di altri paesi peraltro insufficienti e comunque a prezzi sempre più crescenti come dimostra la realtà. A godere di questa situazione in primo piano sono i produttori nord-americani che stanno vendendo in Europa il gas a un prezzo 4 volte superiore a quello precedente: anche i paesi arabi come l’Algeria si stanno adeguando al maggior prezzo ottenuto dai produttori USA mentre crescono le spese di noleggio delle navi che trasportano in Europa il gas USA e quello proveniente dai paesi del Nord Africa. L’unica soluzione decente è quella di un ritorno al passato: ne hanno fatto già cenno alcune fonti governative olandesi che hanno proposto di sospendere in parte le sanzioni prese contro la Russia a condizione che i flussi tornino normali e ciò porterebbe ad abbattere automaticamente il prezzo del greggio, perché non potrebbero essere possibili manovre speculative che hanno fatto salire alle stelle il prezzo del greggio stesso. Questa prospettiva potrebbe realizzarsi immediatamente nel giro di poche settimane. Ma è proprio questo che gli USA osteggiano appoggiati dalla NATO per evitare uno smacco per l’imperialismo USA, mentre per la Russia si tratterebbe di una vittoria politica. Anche l’UE per bocca di qualche commissario sta cercando una strada per sganciare l’Europa dalle posizioni USA che ha interesse a prolungare una guerra senza fine, come ha dichiarato il segretario della NATO. L’obiettivo degli USA è quello di dare vita ad una nuova forma di sovranismo dell’imperialismo USA sull’Europa. Da parte sua, la Russia ha sempre dichiarato di essere pronta a sedersi ad un tavolo di trattativa con tutte le parti interessate per mettere fine a questa guerra. A volerla, resterebbero gli USA e la NATO e  il despota ucraino che sta sacrificando la vita dei propri cittadini pur di assicurare la supremazia degli USA sull’Europa. Solo l’UE può cambiare la situazione. Ecco perché i rappresentanti degli Stati membri hanno deciso di vedersi il 9 p.v. per discutere delle decisioni da prendere. Se sono forti le pressioni di alcuni paesi UE che continuano  a credere alla favola diffusa dagli USA di una guerra “santa” in nome della democrazia, c’è una fetta di altri paesi all’interno dell’UE che fanno quadrato per rivedere la politica fino ad ora adottata nei confronti della Russia ed anche degli USA. Resta da vedere se questa pattuglia riuscirà a convincere la maggioranza dei rappresentanti degli altri  paesi a liberarsi dalla tutela USA e a sedersi ad un tavolo di trattativa. Lo speriamo in nome della sicurezza europea, per dare alle generazioni future una speranza per ritornare ad una coesistenza pacifica fra tutti i paesi europei. Una decisione necessaria per recuperare il tempo perduto e soprattutto per riprendere la strada di quelle riforme già progettate che l’UE ha bisogno di realizzare per tornare a prendere il suo posto non solo in Europa ma anche a livello mondiale.

Agosto 2022

CONFLITTO IN UCRAINA E CRISI ENERGETICA

Back To Top
Translate »