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CHI HA PAURA DEL LUPO CATTIVO

In un mondo globalizzato e soprattutto nell’era della comunicazione via internet non è difficile che la pubblica opinione sia condizionata, anche nelle sue paure, dai messaggi che si leggono in rete. Secondo un sondaggio ISPI – Ipsos la Repubblica Popolare Cinese ci spaventa ancora più dell’Iran, della Corea del Nord e della Russia. La percentuale di chi vede nella Cina un alleato all’Italia nel mondo è passata dal 36 al 23%. Ben prima della pandemia la percezione della pericolosità della Cina era più bassa anche tenendo conto degli accordi che erano stati fatti dal precedente governo, appoggiati dal Ministro degli Esteri italiano – allora era Di Maio – convinto sostenitore dell’operazione lanciata da Pechino per avvicinare il lontano paese all’Europa, senza neppure tener conto della posizione più cauta espressa dall’UE che aveva rinviato la sottoscrizione dell’importante accordo commerciale che è stato siglato solo alla fine dell’anno scorso vincendo le pressioni dell’allora Presidente Trump che invece, grazie al nuovo Presidente Biden, è stato congelato perlomeno per il momento. Il governo Draghi ha bloccato la strada ad alcune forniture militari al governo cinese in quanto “non ci può essere alcuna ingerenza dei paesi esteri, men che mai non alleati NATO, nella nostra sicurezza nazionale” (La Repubblica del 19.12. u.s.). “Meno appariscente – scrive ancora La Repubblica – ma altrettanto importante è l’intensificarsi di scambi e partenariato con le nostre università, incrementando progetti e centri di ricerca, il tutto senza alcuna regolamentazione, soprattutto se dietro questa operazione ci sono come sponsor importanti imprese cinesi come Huawei che è lo sponsor principale di una collaborazione sul 6G tra l’University of Electronic Science and Technology of China e il Politecnico di Milano”. E’ la stessa politica che la Cina sta applicando svolgendo con il governo ungherese dove l’opposizione politica è scesa in piazza con gli studenti e altri esponenti della cultura ungherese per opporsi all’apertura a Budapest di una Università cinese.

Non va dimenticato però che questo “assalto” agli atenei italiani, che ha messo in allarme i servizi di sicurezza, è una conseguenza anche di una carenza di interventi sia pubblici che privati nel settore culturale ed in particolare nelle università e non è un caso che molti studenti, nel corso di una intervista in una università del Sud, si sono detti soddisfatti di poter utilizzare i fondi messi a disposizione dal governo cinese per imparare sia la lingua cinese che per conoscere la storia di questo sub-continente.

C’è da aggiungere che dietro a questo allarme spesso si nasconde la pesante ingerenza anche dell’alleato di sempre, gli USA, che temono fortemente un ingresso della Cina in Europa. Ma davvero la Cina è un paese da temere? Oggi la Cina è presente nel nostro paese in diversi settori come quello manifatturiero con il polo di Prato che da diversi anni opera in Italia come nel settore dello sport, del turismo e della moda. Finché ci sono solo sospetti non vediamo perché le imprese italiane debbano rinunziare a questo immenso mercato ricordando che gli USA ritengono di essere unico interlocutore con la Cina non solo in nome di propri interessi ma anche di quelli presunti dell’UE. Una vera e propria delega in bianco che non trova alcuna giustificazione se non quella di tenere legato il nostro continente alle scelte spesso errate del potente alleato. Solo da qualche anno, forse grazie anche alla boria di Trump, l’UE ha cominciato ad interrogarsi sul suo futuro e sulla necessità di dotarsi di un proprio esercito e di occuparsi direttamente della sicurezza all’interno dell’Europa. E’ matura la fase per rivedere gli accordi di collaborazione in materia di difesa ancora risalenti ad oltre 50 anni fa perché lo scenario politico ed economico è totalmente mutato per cui non possono essere affrontati i problemi di oggi con gli strumenti obsoleti della “guerra fredda”.

L’Europa deve riprendere in mano il proprio destino se vuole assolvere quella missione tante volte indicata di trasformare una iniziale unione economico-finanziaria in uno Stato federale che è oggi in discussione, abbandonando lo spettro della guerra ripetutamente evocata sia dalla Casa Bianca che dalla NATO. l’Europa – come ebbe ad esprimersi un commentatore politico – “è un colosso con i piedi di argilla” e lo sarà finché resterà a rimorchio degli USA. Quando era ancora presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker di fronte al dispotismo di Trump ebbe ad esprimersi con una battuta: “Vuoi vedere che gli USA sono il vero nemico da battere?”. Una battuta che voleva essere scherzosa ma con un fondo di verità. Finché avremo installati sul nostro territorio missili balistici che possono essere armati con una testata atomica e veder schierati decine di migliaia di militari Usa, sarà un po’ difficile dimostrare agli altri paesi che l’Ue vuole essere costruttore di ponti e di voler costruire un mondo di pace.

Gennaio 2022

Chi ha paura del lupo cattivo

 

 

 

 

 

 

 

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