CHI DI PETROLIO FERISCE…
Qualche giorno fa la crisi scoppiata tra i paesi produttori di petrolio, sembrava essersi risolta con un accordo in base al quale i produttori, per bloccare la caduta del prezzo di petrolio determinata essenzialmente dalla pandemia e del fermo di molte attività produttive, si impegnavano a ridurre la quota di produzione giornaliera pari a 30 mln. di barili portandolo a 20 mln. di barili al giorno. Ma, dopo poco più di una settimana, neppure questa manovra è servita a frenare la discesa del prezzo, che ha colpito essenzialmente i produttori indipendenti americani, se si tien conto che in Arabia Saudita estrarre un barile di petrolio costa 9 dollari al giorno, in Russia 19 dollari e negli USA costa circa 30 dollari. Una quotazione inferiore al costo della produzione porta al fallimento delle imprese americane che estraggono il greggio dalle rocce. Trump è stato costretto a correre ai ripari con aiuti alle imprese di settore e aumentando di altri 75 mln di barili le riserve strategiche nazionali. Qualche osservatore ha osservato che malgrado l’Arabia Saudita sia alleata degli USA, in questi giorni, inspiegabilmente risulta vicina alla posizione russa in questo attacco alla politica energetica degli USA. In effetti, in questi anni gli USA stavano tentando di diventare indipendenti dai produttori esteri puntando sull’estrazione del petrolio con il sistema cd. shale che ha visto crescere negli USA il numero dei piccoli produttori ma la diminuzione del prezzo ha portato ad un aumento dei fallimenti. Per la prima volta nella storia il prezzo del greggio negli USA ha chiuso con segno negativo. I depositi delle raffinerie sono pieni di petrolio e non c’è spazio neppure per una tanica di petrolio costringendo i produttori a svendere sul mercato il petrolio che trabocca dai depositi. Una vera e propria manna per gli speculatori: comprare il petrolio invenduto e parcheggiarlo in alto mare, a bordo di superpetroliere lunghe come tre campi di calcio che hanno la capacità di caricare 2 mln di barili ognuna. Tenendo, quindi, in stand-by il carico per rivenderlo appena ci sarà un rialzo del prezzo. Oggi già ottanta di questi depositi galleggianti sono alla fonda nel porto di Singapore ma il numero è destinato a salire anche se è schizzato in alto la domanda di superpetroliere, facendo balzare il prezzo di affitto fino a 350 mila dollari al giorno. Ma l’effetto non è stato solo il crollo del prezzo, che è andato al di sotto dello zero: l’altro dramma è che non c’è più posto dove conservare l’oro nero. Se si pensa che fino ad oggi il petrolio stivato nelle pance di questi contenitori ammonta a 160 mln. di barili, non possiamo dimenticare che anche una perdita di greggio in misura limitata potrebbe aggravare lo stato di salute dei nostri oceani, contribuendo così all’inquinamento di tutto il sistema marino con gravi conseguenze anche per la fauna marina. Un vero e proprio rischio di proporzioni planetarie che verrebbe ad associarsi alla crisi sanitaria che ha colpito l’intero globo, anche questo dovuto forse alla manipolazione da parte dell’uomo di virus che potrebbero decidere la sopravvivenza della specie umana. Se si pensa alla posta in gioco, se riusciamo ad uscire da questa pandemia in tempi relativamente brevi, dobbiamo senz’altro creare un nuovo sistema economico che utilizzi altre forme di energie rinnovabili, abbandonando una volta e per sempre il combustibile fossile che ormai costituisce un pericolo serio per l’avvenire del genere umano. Certo, anche se il prezzo delle nuove fonti energetiche sarà più alto di quello del petrolio, i benefici che se ne ricaveranno sono di gran lunga più importanti di una riduzione dei profitti delle imprese petrolifere. Perché il vero ostacolo per un modello di sviluppo compatibile per la specie umana, è proprio quello di una continua ricerca di profitto per la classe che detiene le leve del potere mondiale. Certamente, potranno esserci gravi sommovimenti sociali in conseguenza anche di questa fase di pandemia ma forse è venuto il momento che sia messo in discussione questo sistema economico strutturato in modo da produrre profitto per una parte solo molto minoritaria della società rispetto a quelle che sono le esigenze primarie della popolazione mondiale. Non ci sarà tiranno che potrà bloccare un cambiamento che va incontro ai bisogni della popolazione mondiale. Sarà stato pure merito di una giovane studentessa svedese che ha svelato quello che il mondo non voleva sapere? Non importa, l’importante è che il segnale è stato lanciato per prendere le distanze da un sistema che sta distruggendo le risorse di questo pianeta, allo scopo di conservare il potere per una parte della società nell’illusione di un progresso senza fine e di un benessere universale laddove è sempre più profondo il solco che divide chi dispone di ricchezze enormi e le masse dei diseredati che vivono ai limiti della società, in costante aumento in tutto il mondo in condizioni di estrema povertà.
23/4/2020