CASO REGENI – FALSA PARTENZA DEL PROCESSO
A cinque anni dall’omicidio, nei giorni scorsi si è aperto a Roma il processo nei confronti degli agenti dei servizi segreti egiziani accusati in concorso tra loro del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano ammazzato al Cairo nel febbraio 2016. La Presidenza del Consiglio ha deciso di costituirsi parte civile al fianco della famiglia Regeni. Il processo si annuncia difficile e delicato perché per la prima volta in Europa ad essere processati non saranno solo i quattro autori materiali dell’omicidio ma anche un sistema politico al centro di denunce ripetute di violazione dei diritti civili, come nel caso Zaki, il giovane studente dell’Università di Bologna che, a due anni dall’arresto non è stato ancora processato, senza sapere ancora di preciso quali siano le accuse che gli vengono contestate. Ma si tratta di vedere se il processo si terrà: l’assenza in aula degli imputati anche per la mancata collaborazione egiziana, porrà un problema iniziale di procedibilità. Problema che sembrava già superato dal Giudice delle Indagini preliminari che ha rinviato a giudizio i quattro agenti, malgrado l’impossibilità di notificare loro la richiesta di rinvio a giudizio, ritenendo che “la copertura mediatica capillare e straordinaria fa assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”, come rilevato dal GUP. In effetti il governo egiziano ha sempre negato ai giudici italiani la cd. “elezione di domicilio” dei suoi quattro ufficiali dei servizi segreti chiamati alla sbarra. La regola, infatti, è che non si possa giudicare in contumacia un imputato che ignori o che, comunque, non sia stato messo in condizione di conoscere l’esistenza a suo carico di un giudizio e degli elementi di causa su cui si fonda. La Corte d’Assise doveva decidere – nel rispetto delle regole del contraddittorio – se annullare il processo o motivare giuridicamente la legittimità di questo processo, non essendo sufficiente, come affermato dal GUP, il buon senso e la risonanza che il caso ha avuto sia in Italia che in Egitto. La Corte d’Assise ha annullato il rinvio a giudizio degli imputati rinviando le carte processuali al GUP perché sia avviata un’altra richiesta di rogatoria internazionale per notificare di nuovo gli atti ed avviare così una nuova richiesta di rinvio a giudizio. Lo ha fatto la Corte d’Assise accogliendo la tesi della difesa perché non è stato notificato agli indagati il decreto che disponeva il giudizio. La decisione della Corte ha lasciato l’amaro in bocca sia al PM che ai familiari di Regeni ma non si poteva fare diversamente. Essa segna anche la catastrofe politica di chi, in questi cinque anni, ha preceduto Draghi a Palazzo Chigi illudendosi e illudendo la pubblica opinione che alla fine Al Sisi avrebbe ceduto alle richieste prima del Ministro degli Esteri, allora Di Maio e poi del Presidente del Consiglio Conte che si sono incontrati varie volte con Al Sisi che alla fine li ha messi nel sacco. Abbiamo avuto l’impressione che, la politica ci tenesse di più alla vendita all’Egitto di tre navi da guerra per un importo di due mld. di Euro che a difendere il diritto alla verità della famiglia Regeni, nel timore che Al Sisi potesse annullare l’ordine a favore di altri concorrenti. Le indagini dunque ripartiranno dall’individuazione della residenza degli agenti dei servizi segreti indagati. Impresa tutt’altro che semplice per cui c’è il timore che gli autori di queste barbarie restino impuniti. Ma giuristi e magistrati sono d’accordo che non poteva esserci altra soluzione. Il professor Giorgio Spangher, dell’Università di Roma, ritiene che la Corte d’Assise ha seguito la logica della costruzione di un processo solido che potrà arrivare fino in fondo e garantire i diritti di tutte le parti “I giudici –ha detto – si sono mossi correttamente perché è inutile costruire un processo sulla sabbia – aggiungendo che – se c’è un’invalidità processuale, è meglio accertarla subito, restituire gli atti dove si è verificata, sanarla e andare avanti, piuttosto che trascinare inutilmente un processo che rischia di avere dentro il tarlo dell’invalidità”. Anche un magistrato, Valerio de Gioia, giudice del Tribunale di Roma in un’intervista a “il Dubbio” – pur comprendendo il disappunto dell’opinione pubblica ha parlato di “un provvedimento ineccepibile”, considerato che, “si può procedere in assenza dell’imputato solo se si ha la certezza che la sua mancata partecipazione al processo è volontaria”. Volontà di cui non si è offerta prova da parte degli inquirenti in quanto gli indagati non sono stati messi in grado di conoscere dell’esistenza di un procedimento a loro carico per mancanza di notifica del provvedimento di rinvio a giudizio. Come peraltro chiarito anche dalla Corte di Cassazione, Sez. Un., sent. n. 23968/2019 in quanto anche l’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia non è sufficiente per la dichiarazione d’assenza, se non sia verificato che vi sia stato l’instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato. Il diritto ad un giusto processo non può essere negato neppure a chi viene accusato della morte del ricercatore friulano. E’ meglio azzerare oggi il processo che celebrare un processo che domani potrebbe essere dichiarato nullo, allontanandoci così dall’accertamento della verità. Anche i difensori degli imputati – intervistati sempre da “Il Dubbio” – hanno ribadito di aver fatto il loro dovere con dedizione e passione. “La nostra vittoria, occorre ribadirlo, non è la sconfitta della famiglia Regeni. Abbiamo vinto noi e si è salvato il diritto”. Il prossimo sarà un processo tutto in salita perché negli anni la memoria si annebbia e sarà difficile – se passeranno ancora anni – che la famiglia Regeni possa infine trovar pace. E’ stata solo la loro fermezza e la loro perseveranza se il processo in questa prima fase abbia già portato all’individuazione dei colpevoli, da ritenersi presunti fino alla decisione definitiva. Sarà compito sia della famiglia sia delle associazioni che l’hanno sostenuta in questi anni ma soprattutto del governo di tenere accesa questa fiammella per soddisfare il diritto della famiglia di conoscere la verità.
Ottobre 2021