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Brexit: al via le nuove regole per le importazioni dall’Ue

Il primo gennaio nel Regno Unito sono entrate in vigore le nuove norme sull’importazione di beni dall’Unione europea previste dall’accordo sulla Brexit, che erano state sospese unilateralmente per il 2021. Da gennaio 2022 si conclude il periodo transitorio stabilito unilateralmente dal governo inglese per dare al governo britannico il tempo di organizzare le dogane e la gestione dei controlli. Anche se l’Accordo raggiunto per l’uscita del Regno Unito dall’Ue prevedeva una perfetta simmetria di gestione degli adempimenti sui due versanti, così non è stato. L’Unione europea, infatti, ha introdotto i controlli dallo scorso gennaio, gli adempimenti per le importazioni nel Regno Unito invece erano stati sospesi temporaneamente dal governo ingleseDal 1° gennaio 2022 ci saranno quindi una serie di novità per le imprese europee e italiane che esportano nel Regno Unito. L’avvio, a regime, dei controlli e l’obbligo di presentare una dichiarazione doganale completa comporteranno ritardi nella gestione delle operazioni di frontiera e di conseguenza anche nella consegna delle merci. La Cold Chain Federation ha detto al Guardian che le importazioni di specialità alimentari dall’Ue potrebbero andare incontro a un calo del 70%. Dal primo gennaio tutti i punti di confine in Gran Bretagna dovranno iniziare a controllare le merci importate ed esportate e i camion non potranno pertanto transitare per i porti. Dal 1° luglio ci sarà un’ulteriore stretta. “Da quel momento, gli esportatori avranno anche bisogno di certificati sanitari e veterinari se esportano cibi o altri prodotti di origine animale”. A pagare il prezzo più alto saranno le piccole e medie imprese britanniche. “Per loro l’idea di doversi registrare in questi sistemi è sconfortante e la procedura è dispendiosa, quindi c’è molta preoccupazione”. Ma questo non è che uno dei problemi sollevati dalla Brexit in considerazione del mancato rispetto da parte inglese delle regole previste dall’accordo. Già nei mesi scorsi sono state bloccate le importazioni dall’UE a causa della carenza di autisti di autocarri sprovvisti dell’autorizzazione prevista dalla normativa inglese, tenuto conto dell’enorme ritardo nella concessione dell’autorizzazione. Dopo le minacce all’interno del fronte della Manica tra autorità inglesi e Naviglio francese: altra grana è scoppiata fra la Gran Bretagna e la Francia. Boris Johnson ed Emmanuel Macron non riescono a trovare un accordo in merito ai migranti. A innescare la necessità di un confronto il naufragio sulle coste di Calais che ha causato la morte di oltre 30 persone, fra cui bambini. Parigi ha giudicato “inammissibile” una lettera diffusa dal premier inglese Boris Johnson, nella quale si chiede alla Francia di “riprendere” tutti gli immigrati. E come risposta il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha provveduto a ritirare l’invito alla collega inglese, Priti Patel, per il vertice in previsione domenica proprio a Calais. Il dramma che riguarda i migranti è in peggioramento: i loro campi vengono continuamente smantellati nel nord della Francia e anche attorno a Parigi. Il governo conservatore britannico ha fatto della lotta contro l’immigrazione uno dei suoi cavalli di battaglia. In molti si interrogano sulla tenuta degli accordi del Touquet: nel 2004 fissarono la frontiera britannica sulla costa francese in cambio di una contropartita finanziaria. A complicare i rapporti ci ha pensato inoltre lo scontro di due mesi fa fra i sottomarini australiani, con la Francia isolata e perdente di fronte ad Australia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Purtroppo, finché il confine del Regno Unito rimarrà in Irlanda sarà sempre un problema per l’Ue. Nell’ambito del dibattito in corso alla Conferenza sul futuro dell’Europa, il deputato irlandese Chris MacManus, sostiene che l’unità irlandese è la soluzione ovvia al complesso problema della Brexit in Europa. La Gran Bretagna ha sempre cercato di dominare il suo piccolo vicino occidentale. Molti, in Irlanda, hanno guardato al continente europeo e oltre per avere un sostegno ed evitare di doversi sottomettere al proprio più grande vicino. Nella Brexit vediamo riproporsi questa dinamica. Il protocollo irlandese – o qualcosa di molto simile – era l’unica intesa tra la Gran Bretagna e l’UE in grado di non mettere in discussione l’accordo del Venerdì Santo rispettando allo stesso tempo i trattati dell’Ue. Tuttavia, il comportamento del governo britannico mostra che il confine in Irlanda continuerà ad essere fonte di tensione tra la Gran Bretagna e l’Unione. Ma non risolve i problemi causati dal confine. Anche se il protocollo viene implementato come concordato e funziona senza problemi, il confine in Irlanda continuerà ad essere una fonte di tensione tra Londra e Bruxelles. Le questioni non coperte dal protocollo (come i servizi e la libera circolazione dei cittadini dell’Ue) finiranno per danneggiare l’economia di tutta l’Irlanda. E il governo britannico continuerà a usarle per cercare di aggirare l’accordo di commercio e cooperazione. Nessuno vuole vedere l’Irlanda tornare a quei giorni pre-accordo ma i britannici stanno erodendo la pace ad ogni passo. Si rifiutano di attuare i diritti di cittadinanza sanciti dall’Accordo del Venerdì Santo (1998). Hanno temporeggiato sul riconoscimento legale della lingua irlandese come previsto dall’accordo di St Andrews (2006). Quindi non è una sorpresa che stiano cercando di fare retromarcia anche sull’accordo di recesso. I ministri britannici sono apertamente ostili al diritto internazionale e agli accordi internazionali. Questo atteggiamento si riflette nel rifiuto delle disposizioni dell’accordo del Venerdì Santo che prevedono la possibilità di indire un referendum sull’unità irlandese. Quasi il 50% delle persone che vivono nel nord dell’Irlanda sono cittadini irlandesi, il che è un diritto di tutti coloro che vi sono nati. Si considerano giustamente anche cittadini dell’Ue che sono stati trascinati fuori dall’Unione contro la loro volontà. Infatti, molti dei cittadini del Nord che si identificano come britannici non hanno alcun desiderio di inseguire il sogno della “Global Britain” sbandierato dal governo della vicina isola. Invece, accoglierebbero con favore l’opportunità di rientrare nell’Ue unendo le due Irlande. Tenendo presente tutto questo, l’Ue deve fare tutto ciò che è in suo potere per riconoscere che la maggioranza dei cittadini dell’Irlanda del Nord – compreso il quasi 1 milione di cittadini irlandesi/Ue – non ha mai voluto lasciare l’Unione e sostiene la richiesta di un referendum democratico sul loro futuro. Un futuro senza un confine britannico in Irlanda, con un’Irlanda riunita nell’Unione europea. L’Ue, che ha giocato un ruolo così importante nel sostenere il processo di pace in Irlanda, potrebbe, porre fine alla divisione, mettere fine alla lunga e tragica affermazione del malgoverno britannico in Irlanda. La Conferenza sul futuro dell’Europa può essere un luogo importante per guardare avanti verso una riorganizzazione delle relazioni e una nuova era di cooperazione tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea. Un confine britannico in Irlanda rappresenterà sempre un ostacolo al raggiungimento di tale obiettivo.

Gennaio 2022

Brexit al via le nuove regole per le importazioni dall’UE

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