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BALCANI E INTEGRAZIONE EUROPEA

Nel corso della pandemia, l’UE ha dimostrato di trattare i Paesi dell’Ex-Jugoslavia, come partner privilegiati. Il 28 dicembre 2020 il Commissario preposto all’allargamento dell’UE, aveva commentato favorevolmente l’adozione di un pacchetto di aiuti di 70 milioni di euro finalizzato ad aiutare i Balcani occidentali ad accedere ai vaccini.

Ma, con i piani vaccinali sostanzialmente fermi in quasi tutti i paesi dell’area, si è diffuso un sentimento generale di essere stati abbandonati dall’UE aprendo ulteriormente lo spazio ad un’azione politica da parte di quelle potenze che hanno interessi nell’area balcanica che portano avanti una politica in aperta contraddizione con le finalità su cui si fonda il sistema politico europeo.

Fra tutte spiccano la Cina e la Russia che stanno utilizzando i vaccini come merce di scambio per rafforzare relazioni diplomatiche bilaterali riempiendo il vuoto lasciato dall’UE.

Vari paesi dell’area si sono dotati di dosi di vaccini di produzione cinese e, in misura minore, del vaccino russo Sputnik V. Fra tutti spicca la Serbia che si è assicurata circa 3,5 milioni di dosi di vaccino cinese e che ha deciso, vista la grande quantità di vaccini disponibili, di rendere possibile l’accesso alla vaccinazione anche ai residenti di altri paesi dell’area che si fossero recati in Serbia, oppure donando dosi di vaccini ai paesi limitrofi, annunciando di voler produrre sul proprio territorio il vaccino cinese Sinopharm.

Dopo lunghe settimane di stallo, a fine marzo, la Presidente della Commissione Europea ha annunciato l’invio di 650mila dosi di vaccino Pfizer, a titolo gratuito, per consentire la vaccinazione del personale sanitario e dei soggetti più vulnerabili dei Paesi dei Balcani occidentali.

Va riconosciuto che l’intervento dell’UE e quello delle grandi potenze hanno finalità diverse: nel primo caso si ragiona sulla futura integrazione dei Paesi balcanici nell’UE mentre nel secondo caso le relazioni diplomatiche possono solo servire a creare una dipendenza di questi paesi dagli obiettivi espansionisti di queste potenze estranee all’area balcanica.

Differenza sostanziale che va tenuta presente sia dai Paesi balcanici che hanno presentato la loro candidatura per aderire all’UE sia dai paesi dell’UE perché non trascurino le relazioni con i Balcani occidentali, rischiando così di favorire la penetrazione di potenze concorrenti in un territorio la cui instabilità si ripercuoterebbe anche sull’UE. E’, dunque, fondamentale che nel breve periodo si riprendano i colloqui tra l’UE e paesi balcanici che stanno aspettando da anni di entrare nell’UE come la Macedonia del Nord e l’Albania ed altri che hanno presentato richiesta in tal senso come la Serbia e il Montenegro.

Prospettiva che va realizzata al più presto possibile sia per motivi di sicurezza sia per motivi economici avendo alcuni paesi, come l’Italia e la Germania, investito nella ricostruzione dell’economia, stravolta dalla guerra balcanica di fine secolo.

Si aggiunga, infine, che si tratta di paesi ad alta scolarità per cui, negli anni a venire, i paesi balcanici che entreranno nell’UE potranno bilanciare gli effetti della grave crisi demografica che rappresenta un macigno per il futuro dell’UE.

Giugno 2021

Balcani e integrazione europea

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