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ANCORA RITARDI PER IL RECOVERY FUND

Il presidente di turno del Consiglio UE ha deciso di convocare a Lisbona il prossimo 21 giugno un vertice dei capi di Stato dei 27 paesi membri per esaminare i piani nazionali di ripresa dei 27 Stati membri e della loro messa in opera. Allo stato oggi in diversi paesi la stesura dei piani – che devono essere inviati alla Commissione Europea entro il 30 aprile – sta incontrando difficoltà che possono mettere in discussione il rispetto dei tempi concordati per l’avvio del Piano Next Generation EU. Tra essi, in primo piano, i paesi del gruppo Visegrad. In Repubblica Ceca sta attualmente avanzando il piano grazie al coinvolgimento di parti sociali e organizzazioni pubbliche, dopo che lo scorso ottobre una prima versione del PNRR era stata respinta dalla Commissione UE. In Polonia, le discussioni svolte fin qui hanno rivelato una bozza di piano frammentata e senza obiettivi chiaramente definiti. In Ungheria, invece, il PNRR e le descrizioni dei programmi che guideranno le modalità di spesa delle risorse sono disponibili online, dove i cittadini, le imprese e le organizzazione della società civile possono valutarli ma le consultazioni pubbliche hanno incontrato problemi per cui neppure le organizzazioni vicine al governo hanno ricevuto abbastanza tempo per formulare raccomandazioni per cui – come ha dichiarato un eurodeputato del partito di estrema destra- la discussione pubblica sarebbe solo “uno show”. Tra l’altro, in Germania, la Corte Costituzionale, quando già il Recovery Plan era stato approvato a larga maggioranza, ha sospeso la firma del Presidente della Repubblica sulla scorta di un ricorso presentato dal fondatore del partito di estrema destra secondo cui la decisione dell’UE sarebbe incostituzionale. Probabilmente, ancora una volta il motivo sarebbe che il Recovery Plan sarebbe andato oltre le attribuzioni conferite dall’art. 311 Tfue. La Commissione comunque ha replicato che la decisione sulle risorse proprie si avvale di solide basi giuridiche ma resta il problema dei tempi. Speriamo che la Corte, anche sotto la pressione dell’opinione pubblica europea, si pronunci quanto prima, rigettando il ricorso. Ne va del tempestivo e tanto atteso avvio degli esborsi che dovrebbero partire per la fine di luglio. Purtroppo – come ha rilevato un attento osservatore politico come Andrea Bonanni sulle pagine de “La Repubblica” del 6 aprile u.s. – in fondo i giudici costituzionali tedeschi non fanno che applicare la legge: “Se la Costituzione tedesca vieta quella che in gergo si definisce “transfer union”, cioè la possibilità che il Paese condivida debiti altrui, è ora, come ha scritto il Financial Times, non di cambiare i giudici ma di cambiare la Costituzione tedesca e magari anche i Trattati europei per iscrivere nel diritto nazionale e comunitario quel principio di solidarietà che è proclamato in teoria e negato in pratica. La maggioranza parlamentare tedesca avrebbe oggi tutti i numeri per farlo. Quanto all’Europa, si è aperta una Conferenza per gettare le basi di una modifica dei Trattati e la questione del debito comune dovrebbe essere il primo punto all’ordine del giorno”. Visto che ci siamo, si potrebbe procedere più rapidamente sulla strada della nascita di un’Europa federale, sfruttando il momento favorevole per trasformare il principio dell’unanimità in quello della maggioranza in modo da non vedere bloccato lo sviluppo dell’Europa per il veto posto anche da un solo paese. Le vicende di questa pandemia hanno dimostrato che c’è bisogno di unità e di chiarezza nelle decisioni perché tutta la vicenda dei vaccini sta dimostrando ancora una volta, dietro l’apparente unanimità, che l’Europa resta ancora divisa.

Aprile 2021

Ancora ritardi per il Recovery Fund

 

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