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ANCORA APERTO IL CASO REGENI

Malgrado gli sforzi della magistratura italiana, il caso Regeni continua ad essere eluso dai nostri rappresentanti politici. In questi ultimi anni, anzi per dirla tutta, fu Conti, quando era presidente del Consiglio, a stringere la mano ad Al-Sisi contentandosi di una velata promessa di collaborare con le autorità giudiziarie italiane. Ancora il ministro degli Esteri Di Maio non ebbe difficoltà a trattare la vendita all’Egitto di due navi da guerra, un affare di 1,2 mdl di euro. Ragion di Stato – si disse – di non accennare nel corso delle trattative al caso Regeni. Nessuno si è mai illuso che la nostra diplomazia potesse occuparsi del caso di un cittadino torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani per i suoi rapporti con alcuni esponenti dell’opposizione. Eppure si trattava di uno studioso che era andato in Egitto per studiare i movimenti sindacali in quel paese. In occasione della Cop27 tenuta in Egitto a Sharm El-Sheikh nel mese di novembre scorso, la Meloni, dopo aver incontrato per circa un’ora con Al Sisi, faceva sapere con un suo comunicato alla stampa di “aver sottolineato la forte attenzione dell’Italia per i casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki“. Una riga e mezza striminzita che è il costo della normalizzazione delle relazioni con l’Egitto. Di fatto, “la ferita del caso Regeni – scrive la Repubblica del 8 novembre ultimo scorso – non sembra più una precondizione per riannodare i fili con il presidente egiziano con cui si è parlato di approvvigionamento energetico, fonti rinnovabili, crisi climatiche. In questo quadro, il portavoce di Al-Sisi ha dichiarato che “nell’incontro si è toccato anche la questione dello studente italiano Regeni e della collaborazione per raggiungere la verità e ottenere giustizia”. “Il quando e soprattutto il come sono ancora avvolti nella nebbia“, scrive sempre la Repubblica. Il quotidiano è stato intervistato anche Zaki il quale si è detto preoccupato per la sorte dei prigionieri politici in Egitto. Migliaia di persone che aspettano di essere liberati. Ma, i diritti umani qui, non sono nell’agenda della nuova presidente del consiglio. Anche il precedente presidente del Consiglio italiano Draghi si era ben guardato di affrontare il problema con i suoi interlocutori al Cairo, preferendo incontrarsi solo con i responsabili algerini e turchi. Anche la sinistra di casa nostra, per lo meno di quella vicina al presidente Draghi, non aveva fatto alcuna obiezione al silenzio di Draghi comprendendo che nel Mediterraneo l’Italia stava lavorando per assicurarsi le riserve energetiche. In particolare l’Eni sta gestendo il più grande giacimento di gas naturale in Egitto per cui bisogna tener conto che la questione riguarda anche la sicurezza nazionale e dunque non c’è da farsi altre illusioni. In caso Regeni – l’ultimo in ordine di tempo ma non l’ultimo – dimostra che gli obiettivi commerciali e il rispetto dei diritti umani non hanno lo stesso peso sulla bilancia della nostra politica estera che mira a fare buoni affari con la controparte egiziana con cui si sta trattando per la fornitura di aerei da parte dell’industria italiana. In ballo c’è anche la vendita di 24 jet da addestramento Aermacchi, ognuno del costo di venti milioni di euro. Per cui ogni strumento è buono per raggiungere questo obiettivo. Solo una sana e deciso di opposizione potrà scalzare un potere ormai logoro che non si fa scrupolo di ricorrere alla violenza come alla corruzione per raggiungere i propri obiettivi. Per il caso Regeni resta aperta ancora la partita giudiziaria, anche se va esclusa qualsiasi collaborazione da parte egiziana. In alternativa, resta la strada dell’arbitrato internazionale, facendo ricorso alla Convenzione contro la tortura di cui Italia ed Egitto sono firmatari. Dovrebbe attivare la procedura il nostro governo che, come spiegato sopra, non ha alcun interesse a mandare all’aria i buoni rapporti commerciali e politici in corso con l’Egitto. Ad oggi non c’è altra prospettiva percorribile per cui temiamo che il caso di questo sfortunato connazionale, si chiuderà lasciando l’amaro in bocca a chi ha creduto ancora una volta nei valori della giustizia e del rispetto dei diritti umani.

Dicembre 2022

ANCORA APERTO IL CASO REGENI

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