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AD UN PASSO DALL’APOCALISSE

Nel novembre scorso, a seguito di una eccezionale acqua alta che ha materializzato l’incubo di una Venezia inghiottita dalle acque, il sindaco chiedeva che fosse realizzato al più presto il Mose. In effetti è stata la seconda acqua alta della storia dopo i 194 cm. della disastrosa alluvione del 1966, indice del rischio davvero reale che tutto il patrimonio artistico e architettonico che rappresenta Venezia, finisca per essere sommerso dal mare. L’acqua alta sta infatti deteriorando anche i secolari mosaici della basilica di San Marco che rischiano di essere corrosi dal mare. Dal 1872 ad oggi il livello medio dell’acqua si è alzato di 35 cm.. Sono diverse le cause per cui Venezia viene sommersa. Innanzitutto il gioco delle maree, la faglia adriatica ma oggi ci sono altri fattori che aumentano il rischio come lo sfruttamento delle falde, il meteo impazzito e l’innalzamento dei mari. Per la fine del secolo le proiezioni danno un innalzamento fra i 60 e gli 82 cm. “Fenomeni devastanti come quelli che hanno colpito Venezia negli ultimi anni saranno sempre più eccezionali e sempre più intensi. Non è un caso che negli ultimi 83 anni il 55% dei fenomeni eccezionali di acqua alta è avvenuto dal 2000 in poi: ben 11 su 20”. Secondo un esperto del clima, Salvatore Pascale, “a causa dell’innalzamento del livello dei mari, della espansione termica e per lo scioglimento delle calotte come Groenlandia e Antartide il rischio per Venezia sarà sempre più forte”. “Non so se si possa dire sommersa ma diversi studi evidenziano la criticità di tutte le zone costiere e non solo a causa dei fenomeni meteo del futuro” aggiungendo che “a Venezia, come altrove, si possono ipotizzare infrastrutture per arginare i problemi ma la sfida vera oggi è di contenere il riscaldamento globale come ci dicono i giovani”, sempre che queste infrastrutture si rivelino efficaci quantomeno di evitare le conseguenze derivanti dal fenomeno che è all’origine di questi eventi così disastrosi. L’alluvione del novembre scorso è un campanello d’allarme. “Mai visto niente del genere”  è stata l’accusa lanciata dal patriarca Francesco Moraglia. “Questa ferita – dichiarava – non può essere riaperta ogni anno. Mi amareggia l’inerzia del governo centrale. Solo promesse, il Mose non si sa dov’è. Le grandi navi continuano a schiacciarci e i veneziani sono allo stremo”. In effetti il Governo dichiarava lo stato di emergenza come aveva chiesto il sindaco che dichiarava che “servono riforme importanti e finire il Mose, l’acqua non si ferma con le mani o con i discorsi”. Su tutto resta il rammarico per un progetto faraonico pensato per proteggere Venezia dal mare che ancora non è pronto mentre il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli annunciava che “a giorni arriverà la nomina del Commissario al Mose che va finito il più presto possibile”. Ma lo scandalo è proprio il Mose costato fino ad oggi 5,5 mld. e già obsoleto. Il sistema di paratie mobili è fermo al 94% dei lavori. I Commissari denunciano che sono bloccati dai cavilli burocratici: 200 milioni per completare l’opera ma ingegneri e ambientalisti accusano che l’opera potrebbe rivelarsi insufficiente a fronteggiare la nuova situazione climatica. “Già nel 2000 – scriveva La Repubblica del 14.11.2019 – uno studio di Principia, leader mondiale nel campo della modellistica, metteva in guardia: con particolari condizioni di mare si può generare l’effetto “risonanza” che rende le paratie instabili e inefficaci”. Non solo. Armando Donella, membro dell’associazione Ambiente Venezia, consulente dell’ex giunta Cacciari spiega “Nel 2003, quando hanno definito il progetto Mose, hanno calcolato un innalzamento del livello del mare, dovuto al riscaldamento globale, di appena 22 cm. in un secolo, sottovalutando tutto: le più recenti previsioni stimano in 90 cm. l’innalzamento del livello del mare e infatti già nel 2018 il Mose sarebbe entrato in funzione 20 volte all’anno e non 6 volte all’anno come era stato ipotizzato”. “In questo modo – conclude – senza il ricircolo dell’acqua e l’ossigenazione necessaria, la laguna diverrà una fogna”. Non sappiamo se le criticità denunciate del Mose siano a conoscenza del Governo ma, da quelli che sono i fatti, sembra proprio che esso voglia completare al più presto possibile l’opera costi quel che costi perché anche quest’opera rappresenta una parte delle grandi opere che il Governo si è impegnato a portare a termine. Nel mese di giugno, alla presenza anche del sindaco e del ministro per le infrastrutture, per la prima volta sono state alzate insieme le paratie di Malomocco e Chioggia. Nel corso di questo ulteriore controllo il commissario straordinario Spitz, pur dichiarando che “dal prossimo autunno sarà possibile mettere in funzione il Mose in caso di emergenza”, ha confermato che la consegna è fissata per il 31.12.2021. Tuttavia, dietro gli applausi c’è la delusione di Conte e del Governo perché il test non ha fugato ogni dubbio. Innanzitutto è da tener conto che il mare era una tavola, non c’erano le onde di tre metri dello scorso novembre quando l’acqua a Venezia arrivò a 187 cm., né lo scirocco soffiava a cento chilometri all’ora. “Più si fanno ispezioni alla struttura subacquea, più emergono criticità”. L’ultima l’ha scoperta il quotidiano La Nuova Venezia: le paratie delle barriere di Treporti sono aggredite dalla ruggine e in molti punti la vernice anti-incrostazioni è sparita. E sempre in quel segmento di barriere, due paratie sono rimaste fuori dai cassoni per un paio di anni per colpa di sedimenti sabbiosi e in molti punti le cerniere sono corrose. Insomma problemi che restano irrisolti e che potrebbero bloccare il funzionamento di tutto il sistema.  Nonostante ciò, il 10 luglio scorso il Presidente Conte e altri membri del Governo hanno voluto “inaugurare” l’opera ma degradando la stessa a “prova generale”, rivelando così che “dopo sei mld. di euro finiti sott’acqua la situazione non è ancora cambiata abbastanza. Il Mose rimane sempre una tela di Penelope incerta e senza fine” scrive “La Repubblica” dell’11 luglio scorso. “Capisco chi contesta – dichiara Conte – ma siamo all’ultimo miglio e tutti devono concentrarsi su un unico obiettivo: completare il progetto per salvaguardare Venezia dalla catastrofe”. Il fatto è che non è andata proprio bene questa prova in quanto sei paratie sono rimaste chiuse ma va detto che oggi ormai “non finire il Mose, più che difficile, è impossibile” scrive il giornale. Per il Mose comunque entro il 2021 serve un altro miliardo. Ma resta il dubbio di fondo che il Mose non ce la potrà fare se non ci saranno, come richiesto da una larga parte della popolazione, altre misure che tengono conto del cambiamento climatico. Sabato 13 vi è stata una grande manifestazione organizzata dal comitato “No grandi navi” che ha ribadito ancora una volta di rifiutare la monocultura turistica e del profitto a discapito del bene comune. “Venezia e il Veneto vogliono continuare a tener fuori le grandi navi dalla laguna, non vogliono nuovi inceneritori, vogliono garanzie che le falde acquifere non siano contaminate da Pfas, non vogliono nuove autostrade, cementificazioni e consumo di suolo. Un progetto esattamente contrario a quello della regione”. Insomma, invertire il percorso ponendo in primo piano i bisogni della gente e dei cittadini di Venezia per salvare davvero il futuro di questa città di antichissime origini, ricca di fascino che non vorremmo in un futuro prossimo ammirare sul fondo del mare. In questo senso bisogna realmente valutare se il Mose possa considerarsi un sistema idoneo e soprattutto, proprio perché i problemi sono collegati, non si può fare l’errore di isolare il futuro della città senza ripensare anche a un cambiamento epocale da promuovere nell’ambito regionale.

22/7/2020

Ad un passo dall’apocalisse

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