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DISAPPLICATA LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA RITENUTA IN CONTRASTO CON IL DIRITTO EUROPEO

Con ordinanza del 27.2.2018 il Tribunale di Verona, 3° Sez. Civ., ha ritenuto che “la disciplina nazionale che ha introdotto tale presupposto dell’azione (e dunque il d.l. n. 132/2014) è incompatibile con il diritto dell’Unione Europea e, quindi, deve essere disapplicata”, anche nel caso in cui sia ritenuta obbligatoria prima di adire il giudice ordinario. Secondo il Tribunale “delle quattro condizioni in base alle quali qualsiasi tipo di ADR obbligatoria può ritenersi compatibile con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dell’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali”, sicuramente l’ultimo e cioè il costo che deriva dall’obbligo di tentare la negoziazione “non potendo prescindere dall’intervento di un difensore, comporta costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti”. Chi ha annotato la sentenza, critica la soluzione adottata perché “quanto ai costi di tale procedura…deve parimenti escludersi che questi – certamente inferiori ai costi del giudizio, che l’interessato ha la possibilità, peraltro, di risparmiare – siano tali da limitare o rendere eccessivamente difficoltosa la tutela giurisdizionale”. “Inoltre – continua il commento – la negoziazione assistita prevede l’ipotesi che la parte possegga i requisiti dell’ammissione al gratuito patrocinio ponendo “a carico” del difensore (questo sì veramente incostituzionale volendo) l’onere economico”. Ecco, questo è uno dei nodi della riforma, in primis perché non tutti possono accedere al gratuito patrocinio ed il secondo perché esso esige l’intesa del legale, qualora sia iscritto nell’elenco di difensori disposti al gratuito patrocinio. Ora, se ci si consente un piccolo commento, bisogna ricordare che il legislatore ha cercato attraverso queste recenti normative, quella sulla mediazione e sull’obbligo della negoziazione assistita, di limitare di fatto l’accesso alla giustizia, scaricando sulla classe forense una serie di oneri che non sono compatibili con un sistema processuale che mortifica il diritto del cittadino che deve rivolgersi ad un

giudice terzo come prevede l’art. 6 della CEDU. In effetti, questa soluzione finisce per mortificare anche il lavoro degli avvocati, tenuto conto della scarsa capacità deflattiva che hanno avuto queste misure.

Il cittadino ha fame di giustizia che non viene affatto soddisfatta da queste misure ibride in quanto destinate solo a ritardare l’accesso alla giustizia.

Se avesse voluto questo Stato effettivamente riformare un sistema giudiziario civile che affanna dietro un arretrato pauroso, non può far ricorso a misure draconiane (come quella che prevede una penale in caso di rigetto del ricorso ex l. 89/2001) ma dare a questi provvedimenti che rallentano l’accesso alla giustizia una precisa valenza alternativa al giudizio ordinario che invece non c’è. E questo è un grosso limite che si traduce in un fallimento della riforma che aumenta i costi del ricorso alla giustizia e che non ha alcuna forza deflattiva. Qualche ripensamento del Ministro della Giustizia ma anche della nostra rappresentanza nazionale (CNF) che ha dato l’OK, non sarebbe inopportuno.

Aprile 2018

Nota a cura avv. E. Oropallo

Disapplicata la negoziazione assistita ritenuta in contrasto con il diritto europeo

 

 

 

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