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LIBERO ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE NELL’UE

Recentemente il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, ha deciso di applicare rigorosamente la norma che prevede per gli avvocati che abbiano ottenuto l’iscrizione all’Albo in altro paese dell’UE. Si parla degli avvocati assistiti, indifferentemente dalla loro nazionalità, anche se si tratta di cittadini italiani – laureati in Italia – e che abbiano ottenuto l’iscrizione all’Albo degli avvocati in Romania o in Spagna. Paesi nei quali l’iscrizione all’Albo è ottenibile con il conseguimento della laurea in giurisprudenza, senza dover superare alcun esame, come avviene oggi in Italia. Il CdO di Bologna vuole mettere fine a quello che viene configurato come un vero e proprio “abuso di diritto” che penalizza chi in Italia può iscriversi all’Albo nazionale degli Avvocati solo dopo un periodo di formazione e il superamento dell’esame. Ricordo che la Corte di Giustizia di Lussemburgo già si è occupata della vicenda più volte, ribadendo in una sua recentissima sentenza emessa dalla Grande Sezione (sentenza del 17.7.2014 cause unite C- 58/13 e 59/13) come deve essere interpretata la direttiva 5/98 trasposta dall’Italia nel proprio sistema interno con il d.lgs. del 2 febbraio 2001 n. 96. L’intervento della Corte è stato provocato da un ricorso pregiudiziale presentato dal CNF il quale era stato sollecitato dal CdO di Macerata che aveva rigettato la richiesta di iscrizione all’Albo presentata da due cittadini italiani che, dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza in Italia, hanno ottenuto entrambi una laurea in giurisprudenza in Spagna e iscritti successivamente, su loro richiesta, all’Ordine degli Avvocati di Santa Cruz de Tenerife. La CdG nella sentenza richiamata ha ricordato come la direttiva comunitaria ha lo scopo di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale. A tale riguardo la Corte – ricorda che tale direttiva istituisce un meccanismo di mutuo riconoscimento dei titoli professionali degli avvocati migranti che desiderino esercitare con il titolo conseguito nello Stato membro di origine, ribadendo che l’unico requisito cui deve essere subordinata l’iscrizione dell’interessato nello Stato membro ospitante è la presentazione all’autorità di questo Stato di un certificato di iscrizione presso l‘autorità dello Stato membro di origine.  In effetti – scrive la Corte – compete al cittadino europeo il diritto di scegliere, da un lato, lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale e dall’altro, quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione. Diritto che nasce, in un mercato unico, dal rispetto delle libertà fondamentali garantite dai Trattati. Il fatto che il cittadino di uno Stato membro abbia scelto di acquisire un titolo professionale in un altro Stato membro, diverso da quello in cui risiede, allo scopo di beneficiare di una normativa più favorevole non consente, di per sé, di ritenere che il fatto costituisca abuso di diritto. Conclude la CdG che l’art. 3 della direttiva 98/5 non prevede in alcun modo che l’iscrizione, presso l’autorità competente dello Stato membro ospitante, possa essere subordinata alla condizione che venga svolto un periodo di pratica come avvocato nello Stato membro d’origine. Anche se in qualche paese dell’UE sia più facile conseguire l’iscrizione all’Albo degli avvocati, non può il CdO sottrarsi all’obbligo di iscrizione – sia pure alle condizioni previste dalla norma interna-. D’altra parte, bisogna ricordare che non di privilegio si può parlare ma di diritto che spetta ad ogni cittadino europeo, anche all’avvocato italiano che decida di lavorare in altro paese dell’UE. Se vogliamo parlare, in prospettiva, di uno Stato federale, nel nostro sistema universitario si potrà anche creare un percorso professionale che abiliti il laureato in giurisprudenza a chiedere l’iscrizione all’Albo degli avvocati, eliminando, dunque, il gap che oggi esiste con altri paesi dell’UE che hanno una legislazione più elastica. Il fatto è che il nostro Paese non è ancora pronto ad una vera e propria riforma della professione forense finché si resta ancorati a stereotipi storicamente superati.

Ottobre 2015

(Avv. E. Oropallo)

LIBERO ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE NELL UE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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