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LA NUOVA AMMINISTRAZIONE USA E CRISI NEI RAPPORTI CON L’UE

Sulla rivista Affari Internazionali.it il Presidente dell’IAI cerca di far chiarezza sui prevedibili sviluppi nelle relazioni tra USA e UE in base alle recenti dichiarazioni del Presidente USA. Innanzitutto, già prima di assumere formalmente la carica di Presidente, Trump non aveva taciuto la sua opinione sulla UE “utile solo alla Merkel e alla Germania” “e da cui Londra ha fatto bene ad uscire”, criticando apertamente la Merkel per la sua politica di accoglienza degli immigrati. Inoltre, in una sua recente intervista ha fatto sapere di ritenere superata la NATO criticando i paesi membri che non pagano ciò che dovrebbero, riferendosi al fatto che solo pochi Stati dell’Alleanza raggiungono il 2% del PIL per le spese militari, dichiarando di non essere più disposto a pagare per la protezione dell’Europa. Ma questo è vero solo in parte: non dimentichiamo che l’Alleanza fu appoggiata dagli USA alla fine dell’ultimo conflitto per rispondere alla potenza militare russa. In effetti, la nascita dell’Alleanza sancì la divisione dell’Europa in due aree di influenza fra le due potenze vincitrici: USA e Unione Sovietica. Inoltre, l’Alleanza ha assicurato per molti anni all’industria militare USA il primato nel settore della produzione bellica per cui la nascita dell’Alleanza ha segnato un indubbio vantaggio per il sistema industriale americano. Senza contare che in tempi più recenti la NATO è stato lo strumento di cui si sono serviti gli USA per aprire fronti di guerra in tutto il mondo per cui i soldati europei sono stati impegnati in guerre che servivano solo a mantenere il predominio degli USA nel mondo intero. E parliamo qui dell’Afghanistan, dell’Iraq solo per portare degli esempi. Non dimentichiamo che, sia pure a malincuore, lo stesso ex Primo Ministro inglese Blair è stato costretto a riconoscere che non erano vere le prove dell’esistenza di armi chimiche irachene, come aveva denunciato all’epoca il Presidente USA, che fu il pretesto per portare la guerra ad un paese ufficialmente membro dell’ONU anche se si trattava di un potere apertamente dittatoriale. Ma nessuno può credere alla storiella della guerra scatenata per portare la democrazia in Iraq, quando ci sono molti paesi alleati degli USA che hanno un sistema di potere analogo, basti pensare alla Turchia, tra i membri più influenti dell’Alleanza o al regime saudita. Senza dubbio, l’indebolimento o il tramonto della NATO favorirebbe la nascita di un sistema difensivo unitario dei paesi dell’UE: ipotesi questa sempre osteggiata dalla Gran Bretagna, alleato storico degli USA e molto tiepidamente appoggiata dallo stesso Obama anche per favorire l’acquisto di nuove e più costose forniture militari. Si pensi ai supercaccia americani per i quali l’Italia si è indebitata fino al collo. Ma ritorniamo a Trump: non è difficile immaginare, dopo l’incontro con il Primo Ministro inglese Theresa May, che si voglia ricostruire un asse preferenziale tra Washington e Londra. Va registrato a questo proposito, scrive il Presidente dell’IAI, che in un’intervista di Ted Malloch, probabile candidato a rappresentare gli USA presso l’UE, lo stesso si è dichiarato convinto che gli USA possano negoziare e concludere un accordo commerciale con il Regno Unito nell’arco di 90 giorni malgrado le obiezioni sollevate dalla Commissione Europea che aveva fatto osservare che la G.B. non può sottoscrivere accordi commerciali, finché essa sarà membro ufficiale dell’UE. Ma per Trump questo non è certamente un problema, visto quale sia la scarsa considerazione del diritto internazionale. Per la prima volta dalla sua creazione, scrive ancora la rivista, l’UE si trova a confrontarsi con un’amministrazione americana ostile che, sempre per bocca del nuovo presidente, ha dichiarato di non aver alcuna fiducia nell’euro, una moneta vecchia destinata al collasso in un prossimo futuro. Siamo arrivati ad una “svolta epocale” nei rapporti tra UE e USA – come scrive l’autore citato – per cui da oggi i paesi europei potranno fare affidamento esclusivamente sulle proprie capacità. In effetti, questa rottura nei rapporti storici tra USA e Europa può chiarire meglio quale siano i problemi che dovrà l’UE affrontare nei prossimi anni, se vuole sopravvivere. I due blocchi rappresentano i due maggiori mercati mondiali per cui, dopo gli accordi di Bretton Woods sottoscritti nel lontano dopoguerra, negli ultimi anni si è tentato di sottoscrivere un nuovo trattato di collaborazione bloccato dai dubbi sollevati da più paesi dell’UE, tra cui la Germania e la Francia. Lo stesso Obama, nell’ultimo anno ha tentato di sollecitare che si arrivasse ad un accordo ma senza alcun successo, anche perché, in base alle clausole previste, l’Europa rischiava di essere invasa da prodotti alimentari che non erano conformi per qualità alle regole europee. Trattativa che oggi Trump ha dichiarato di voler interrompere per cui l’industria europea prenderà sempre più le distanze da quella americana costringendo gli USA, come sta già avvenendo, a difendere le frontiere non tanto e non solo dagli immigrati ma soprattutto dalle merci europee che sono migliori sia nel settore alimentare che nei settori tecnologici più avanzati. In realtà, l’ampliamento dei mercati e la comparsa sul mercato mondiale di altri paesi produttori come la Cina e l’India hanno evidenziato che la crisi economica sta stravolgendo ogni intesa di libero scambio costringendo i paesi più deboli a chiudere le proprie frontiere alle merci in entrata. Trump vorrebbe tassare le importazioni del 20% e ciò non farà altro che costringere anche i paesi concorrenti a promuovere identiche misure di protezionismo. Per il momento, si tratta solo di ipotesi ma presto anche l’UE, se vuol salvare la sua posizione sul mercato, sarà costretta ad introdurre misure analoghe anche se di fatto si tratta di un sistema molto più forte di quello USA sia per la qualità dei beni prodotti sia per le potenzialità di attrarre altri paesi come la Cina – con cui Trump non intende dialogare – ma anche la Russia che fornisce materie prime all’Europa in cambio di prodotti che provengono dal settore agro-alimentare, come da quello strategico o con forte contenuto tecnologico. Certo, Putin sembra appoggiare la posizione americana ma, a ben guardare, il suo partener commerciale più importante resta proprio l’UE. Quindi s’illude Trump che possa ricostruire un mondo bi-polare come è stato per il secondo dopoguerra. Non siamo ancora all’ipotesi del “si salvi chi può” ma tendenzialmente gli USA son costretti a praticare una politica commerciale sulla difensiva ma, proprio per questo, fare la voce dura a livello politico, cercando di mantenere la leadership mondiale, anche se dovesse fare delle concessioni alla Russia di Putin. In questo mutato quadro geo-politico, è tempo che i paesi dell’UE comincino a ragionare in un’ottica diversa in quanto la salvezza dell’UE sta nella sua stabilità, nella collaborazione tra tutti i governi, perché l’isolamento politico e commerciale non può che segnare una nuova fase di crisi. Al contrario, è il momento di parlare di allargamento dell’UE verso altri paesi. Certamente, l’ingresso dei paesi balcanici nell’UE potrebbe allargare il mercato europeo anche se si tratta di benefici temporali ma chiudere le porte sarebbe ancora peggio. La GB non ha fatto certo un buon affare a lasciare l’UE: certamente, non poteva esserle riconosciuto, all’esterno dell’UE, una posizione di privilegio, anche se già erano state ampie le concessioni che la Commissione Europea aveva fatto in febbraio al governo inglese perché restasse in Europa. Adesso che, invece, si fanno sentire le sirene americane, scoprirà ben presto che la collaborazione con gli USA va avanti solo se sia disposta a fare da spalla alla politica degli USA che lavorano dappertutto per i “loro” interessi. Così come dovrà guardarsi dalle spinte autonomistiche sia dell’Irlanda del Nord che della Scozia che si trovano la prima ad avere tradizionali rapporti commerciali con l’Irlanda (che resta nell’UE) e la seconda decisa a riprendersi, per bocca del suo rappresentante, la sua sovranità. Certamente, siamo davvero entrati in un’aria di tempesta dove a farne le spese potrebbero essere ancora una volta i popoli, sotto la spinta di politiche protezionistiche che finiranno per alimentare ancora di più le scelte populiste. Certamente le divergenze tuttora esistenti per numerosi altri temi come quello della gestione del fenomeno migratorio, quello del clima e della protezione ambientale faranno da volano per aumentare i contrasti già oggi visibili. Nell’immediato, come abbiamo sopra spiegato, serve una maggiore concertazione tra i paesi europei, una maggiore intesa per portare a compimento la prospettiva di una costituzione europea anche se tutto ciò esige una politica di maggiore sicurezza interna ed esterna, una politica comune di accoglienza, che se ben gestita, può rappresentare un arricchimento e non una spesa, stabilizzare il sistema finanziario e completare l’unione monetaria. Purtroppo, ancora oggi molti paesi europei non hanno chiarezza su questi punti anche perché al crisi economica, nella quale si trovano molti paesi, come l’Italia, non fa che accrescere la divisione in seno all’UE e frenare il sistema di integrazione. E’ ovvio che nei prossimi anni l’UE dovrà giocare tutte le carte che ha a disposizione per rafforzare il progetto unitario, unica risorsa che possa scongiurare i pericoli di una guerra che possa mettere a rischio la sopravvivenza dell’umanità. Mai prima d’ora, dopo la fine della seconda guerra mondiale, il rischio è stato così reale: i popoli europei, i lavoratori di questo continente hanno in mano il loro destino e quello dell’umanità intera. I rappresentanti politici di questi paesi dovranno liberarsi delle loro divisioni, rinunziare agli egoismi nazionalisti e superare le recenti politiche di discriminazione che alimentano solo derive estremiste e rimettere al centro della politica la convivenza pacifica tra i popoli. Ne saranno capaci? Se guardiamo agli avvenimenti di questi ultimi mesi, c’è ben poco per essere ottimisti. I prossimi mesi, per le scadenze politiche europee saranno cruciali per capire come l’UE intenderà reagire alle non tanto velate minacce dell’amministrazione Trump.

Febbraio 2017

(Avv. E. Oropallo)  

 

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