IL CASO “OPEN ARMS” INNANZI AL TRIBUNALE DI PALERMO
Tutto ha inizio il primo agosto del 2019 quando al largo della Libia la ONG spagnola Open Arms effettua un primo soccorso, subito seguito da un secondo intervento con cui vengono salvate 124 persone in tutto. Il giorno dopo viene richiesto un porto di sbarco all’Italia, ma nello stesso giorno alla nave è applicato il Decreto Sicurezza bis con il divieto di entrare in acque italiane.
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Dopo lo sbarco per motivi sanitari di tre persone, rimangono a bordo 121 persone di cui 32 minori dei quali 28 non accompagnati. I legali di Open Arms inoltrano un ricorso al TAR del Lazio contro il Decreto Sicurezza bis, per cui viene sospeso il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. La nave fa rotta verso l’Italia senza però ricevere un porto di sbarco.
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La vicenda si sblocca solo il 20 agosto quando il Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, oggi Procuratore Generale di Cagliari, sale a bordo della nave disponendo lo sbarco e il sequestro preventivo di urgenza ipotizzando il reato di abuso di ufficio. I magistrati della Procura di Palermo non hanno dubbi. Vietando lo sbarco dei migranti dalla nave della ONG spagnola, il vicepremier Matteo Salvini, che allora era il Ministro dell’Interno, attuò un vero e proprio “sequestro di persona”, in quanto non sussisteva alcun impedimento tecnico-giuridico per lo sbarco dei migranti.
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La settimana scorsa è ripreso il processo innanzi al Tribunale Penale di Palermo. La requisitoria del PM ha confermato la linea scelta dall’accusa chiedendo la condanna del Ministro a 6 anni di reclusione per il reato di sequestro di persona contestato al Salvini, il quale ha insistito nella sua difesa dichiarando di aver difeso l’Italia e i suoi confini, salvato vite e fatto rispettare la legge. Strano ma non incredibile che un Ministro posto ai vertici dello Stato non si renda conto che a violare la Legge sia stato proprio lui, che non ha posto in esecuzione il provvedimento del TAR Lazio. Ancora risibile è l’ipotesi che lo avrebbe fatto per difendere i confini dello Stato in quanto non vi era in atto nessun pericolo per l’Italia. Infine la sua attività non ha contribuito a salvare vite mettendo – al contrario – a rischio la vita di un centinaio di persone.
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Alla notizia della richiesta formulata dal PM, l’imputato ha dichiarato: “non ho nulla da temere. Ho fatto quello che ho fatto e lo rifarei con orgoglio“. Non ci meraviglia che tutto il centrodestra abbia fatto quadrato attorno al Salvini scatenando un vero e proprio attacco ai magistrati. La Meloni ha parlato di un ‘precedente gravissimo’. Qualcun altro si è spinto anche oltre, come Elon Musk che ha dichiarato “dovrebbe essere quel giudice pazzo ad andare in prigione per 6 anni“.
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Livio Abbate giornalista de la Repubblica nel suo articolo del 13 settembre così commenta: “al di là del processo penale e della decisione che i giudici prenderanno dopo aver ascoltato la difesa dell’imputato, ciò che resta di questa storia è che un leader politico ha agito contro esseri umani deboli e indifesi solo per raccogliere voti” aggiungendo che “al di là delle responsabilità giudiziarie, in un paese civile dev’essere lasciato fuori dalla politica e soprattutto da incarichi di governo. Per non essere complici“.
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Proprio in questi giorni la magistratura ha messo sotto processo penale sei funzionari dello Stato, tre della Guardia di Finanza e due della Capitaneria di porto accusati di naufragio colposo e di omicidio colposo per la tragedia di Cutro. A conferma che non si tratta di episodi isolati ma di una sistema diffuso su cui non possiamo chiudere gli occhi. La vita umana va difesa prima ancora di una legge ingiusta, nel rispetto delle normative internazionali che vincolano anche il nostro paese.
Settembre 2024
Avv. Eugenio Oropallo
IL CASO OPEN ARMS INNANZI AL TRIBUNALE DI PALERMO