L’IPOCRISIA DEI PAESI OCCIDENTALI E IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE
Oltre all’ONU, sono 147 gli Stati che riconoscono la Palestina. Ne resta fuori una piccola pattuglia, tra cui l’Italia, che non si è ancora pronunciata. Il riconoscimento proviene in larga parte dai Paesi dell’Africa, dell’America latina e del mondo arabo. Una parte significativa dell’Occidente, soprattutto gli Stati Uniti, non hanno ancora ritenuto opportuno il riconoscimento.
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In Europa diversi Paesi già negli ’80 e ’90 avevano riconosciuto la Palestina. Altri Stati si sono uniti, ma molti Paesi dell’Europa occidentale, sono rimasti cauti per il timore di ostacolare il negoziato israelo-palestinese. Altri tre Paesi si sono pronunciati a favore del riconoscimento: sono la Spagna, l’Irlanda e Norvegia, e recentemente anche la Slovenia, mentre il Belgio non ha ritenuto ancora di compiere questo passo formale. Altri Paesi, come la Francia, il Regno Unito, Germania e Italia, ipocritamente, hanno rimandato l’eventuale riconoscimento a quando le condizioni politiche saranno più mature. Nel maggio del 2024, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede al Consiglio di Sicurezza di riconsiderare l’ammissione della Palestina come membro a pieno titolo. Mentre l’Italia si è astenuta insieme ad altri Paesi europei, tra cui Germania, Paesi Bassi e Svezia, gli Stati Uniti hanno costantemente usato il proprio veto o minacciato di farlo per impedire la piena adesione della Palestina all’ONU.
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Il governo italiano, apparentemente, ha espresso una posizione di cautela. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato recentemente che “l’Italia è a favore del riconoscimento dello Stato palestinese, ma questo Stato deve riconoscere Israele e deve essere riconosciuto da Israele”. La posizione attendista dell’Italia, come ritengono alcuni commentatori politici, riflette da una parte la salvaguardia della sicurezza italiana, e dall’altra l’attenzione per i diritti del popolo palestinese – mentre la crisi umanitaria esige risposte urgenti. Risposte che non sono state adottate dai Paesi dell’UE, e men che meno dagli USA.
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A sorpresa, il Presidente francese Emmanuel Macron dopo aver annunciato che Parigi avrebbe riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina entro la fine di giugno, sembra ora aver fatto marcia indietro sotto la pressione di Tel Aviv e degli alleati di Israele. Il 19 maggio scorso l’Eliseo ha anche firmato una dichiarazione congiunta con Canada e Regno Unito in cui condannava “il linguaggio odioso recentemente usato da membri del governo israeliano“. I tre Paesi hanno minacciato “provvedimenti concreti“, se Israele non avesse allentato la restrizione agli aiuti umanitari. Sanzioni che questi Paesi, “civili e democratici“, non hanno inteso prendere, malgrado due milioni di palestinesi soffrano la fame e le malattie chiusi nella fascia di Gaza. Mentre lo stesso governo israeliano ha pubblicamente dichiarato che l’obiettivo della guerra è quello di “liberare” tutta la Palestina dai palestinesi. Una vera e propria operazione di genocidio del Popolo palestinese, che gli Stati Uniti non riconoscono – né tantomeno ritiene di farlo Trump che si nasconde dietro le quinte del massacratore Netanyahu.
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Addirittura Netanyahu non ha gradito affatto la dichiarazione di Macron, definendola “inaccettabile“, e pochi giorni dopo il Ministero degli Esteri israeliano ha rincarato la dose denunciando “la Crociata di Macron contro lo Stato ebraico“. Mentre il 20 maggio Bruxelles ha annunciato una revisione dell’accordo di associazione UE-Israele, il Ministro degli Esteri tedeschi Johann Wadephul ha dichiarato in conferenza stampa il 5 giugno assieme all’omologo israeliano Gideon Saar che un tale riconoscimento “invierebbe un segnale negativo“. Avvicinandosi la Conferenza di New York, e sotto la pressione degli Stati Uniti, la posizione francese sembra ammorbidita. Due emissari dell’Eliseo si sono recati in Israele per ricucire i rapporti con Netanyahu. “Il riconoscimento dello Stato palestinese resta sul tavolo, ma non sarà un risultato della conferenza. Rimarrà una questione bilaterale fra ‘Stati’“, hanno dichiarato al quotidiano Ynet.
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Nel frattempo, a differenza dell’embargo decretato da de Gaulle durante la guerra dei 6 giorni del 1977, la Francia continua a fornire equipaggiamenti militari a Israele per il sistema Iron Dome – destinato alla difesa contro missili, razzi e droni. Il 4 giugno i portuali del porto di Marsiglia hanno rifiutato di caricare su una nave-cargo israeliana 19 pallet, contenenti 14 tonnellate di cartucce da mitragliatrici prodotte dall’azienda francese Eurolinks. In una nota la confederazione del Lavoro (CGT) ha dichiarato di “non voler partecipare ad un genocidio in corso“. In un rapporto pubblicato martedì scorso una dozzina di ONG hanno denunciato il “flusso ininterrotto” di forniture militari francesi verso Israele dal 7 ottobre 2023, inclusi “bombe, granate, siluri, mine, missili e altre munizioni di guerra“. Alcuni deputati e senatori francesi starebbero per chiedere la revoca del segreto di difesa e l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sugli invii di armi a Israele.
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Da parte sua la Svezia, che pure aveva anni fa riconosciuto lo Stato di Palestina, dopo essere entrata a far parte della NATO ha dichiarato che “la solidarietà colla Palestina è considerata un pericolo per la sicurezza nazionale“. Dopo secoli di neutralità internazionale, paventando improbabili invasioni russe del suo territorio, e con una parte consistente della popolazione tutt’ora fortemente contraria, il Parlamento svedese colla sola opposizione della sinistra e dei Verdi ha votato l’adesione alla NATO, che è ufficialmente entrata in Svezia. Addirittura, la campagna lanciata da Greta Thunberg per far pressione sul governo svedese, dopo la sua detenzione da parte dell’esercito israeliano, è stata fortemente criticata dai Ministri svedesi definendola “irresponsabile“.
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Il 14 giugno dopo il bombardamento da parte di Israele sulle strutture e sui siti atomici dell’Iran, che ha provocato la morte di una sessantina di persone, Macron ha avuto un giro di consultazioni col Cancelliere Merz e il britannico Starmer, rinviando la Conferenza ONU sui due Stati ed aggiungendo che Parigi fornirà sostegno a Israele, come già avvenuto in passato, quando i caccia francesi di base in Germania erano intervenuti per supportare la difesa israeliana. Di fronte alla rappresaglia di Teheran, ha spiegato Macron che “la Francia è pronta ad aiutare e difendere Israele“. Non avevamo alcun dubbio!
Giugno 2025
Avv. Eugenio Oropallo
L’IPOCRISIA DEI PAESI OCCIDENTALI E IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE