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LE FALLE E I RITARDI DEL RECOVERY PLAN

Se ritorniamo ad occuparci di questa vicenda, lo facciamo perché solo con il cambio di governo si sta scoprendo l’enorme voragine creata dal precedente governo e le gravi responsabilità del precedente premier. L’erogazione delle cifre che sono state stanziate a favore dell’Italia – che ne è il maggior destinatario – sono circa 209,6 mld. di euro di cui 68,9 mld. a fondo perduto mentre i prestiti da rimborsare arrivano a 127,6 mld. di euro. Le principali condizioni stabilite dal Next generation sono due. La prima riguarda gli investimenti sul clima che dovranno essere al minimo, il 37% del totale e la seconda è che almeno il 20% dei fondi sia investito sul digitale. Come si vede, restano fuori gli investimenti sulla sanità ed è per questo che non si riesce a capire ancora oggi perché non si sia fatta richiesta anche del MES. Misteri della politica! In effetti la richiesta del MES, ancora possibile, porterebbe liquidità per il settore sanitario ancora sofferente in questa ultima fase di impennata dei contagi. Appare dunque normale che Mario Draghi abbia deciso di scrivere personalmente il nuovo Recovery Plan insieme al ministro dell’Economia Franco con un numero ristretto di consiglieri perché entro la fine di aprile il piano va presentato a Bruxelles per cui, rispettando i tempi fissati dalla Commissione UE, una prima tranche, di circa il 13% dopo l’approvazione della Commissione sarà disponibile per l’Italia entro l’estate – e non a giugno – come hanno dichiarato alcuni membri del governo. Per recuperare i tassi di attività pre-Covid bisognerà aspettare la fine del 2022, sempre che il Covid ce ne darà la possibilità. Ed è per questo che l’altra priorità per Draghi è di accelerare la lotta al virus con un piano di vaccinazione di massa. Colmare i buchi ereditati, purtroppo, da quel modello di inefficienza e nepotismo che è stato il Conte2, Draghi lo dovrà fare molto in fretta se vorrà incassare la prima tranche dei finanziamenti europei. “Rinforzare il piano italiano – spiega il Commissario europeo Paolo Gentiloni- nei tempi previsti non è una passeggiata”. In un documento riservato – che il giornale “La Repubblica” ha potuto visionare – Bruxelles chiede al governo più dettagli su “riforme e risparmi energetici”. Due le direttrici indicate dall’Italia, una dedicata al patrimonio pubblico e l’altra che guarda al privato con l’iniziativa del Superbonus del 110% per i lavori di adeguamento energetico. Iniziative che vanno nella direzione indicata da Bruxelles ma per il bonus c’è il rischio della strozzatura nel sistema della cessione del credito sia per i ritardi della PA nei pagamenti sia per i limiti di liquidità delle imprese anche perché, se non si riforma la burocrazia, non si riuscirà neppure a spedire in tempi utili i fondi del Recovery. I lavori, come precisa una fonte governativa, sarebbero in stato di avanzata realizzazione per quanto riguarda le infrastrutture, per istruzione e ricerca e salute. Restano indietro gli altri tre obiettivi, peraltro di radicale importanza come la digitalizzazione, l’ambiente ed energia e lavoro per cui “si profila una vera e propria corsa contro il tempo – come scrive La Repubblica – per evitare gli errori del passato”. Per velocizzare i lavori “il MEF – scrive La Repubblica – responsabile per la stesura dei progetti, ha incaricato il colosso della consulenza aziendale MCKinsey  per stabilire ricadute economiche e tempi delle varie iniziative.” “Sarà una collaborazione esclusivamente tecnica – scrive ancora La Repubblica –perché gli indirizzi politici saranno decise in altre sedi”.  Una collaborazione per la quale la società americana dovrebbe ricevere solo una sorta di rimborso spese. Qualcuno – anche nel governo – ha già pensato di criticare questa scelta che, comunque, come stanno le cose e per il rischio che il ritardo potrebbe comportare per l’erogazione dei fondi è più che legittima. Certo non è che Draghi possa fare miracoli. D’altra parte la classe politica italiana in larga parte è responsabile di questo ritardo, sempre pronta a sollevare critiche ma incapace di fornire collaborazione per un progetto di così vaste dimensioni che costituisce un’occasione unica per il paese per riscostruire la propria economia.

Marzo 2021

LE FALLE E I RITARDI DEL RECOVERY PLAN

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