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IL RECOVERY PLAN E I RITARDI NELLA PREPARAZIONE DA PARTE DEL GOVERNO CONTE

Una delle ragioni che hanno provocato la caduta dell’ultimo governo Conte è stata l’incapacità dello stesso – come ha denunciato l’ex premier Renzi – di redigere un Recovery Plan sulla scorta delle indicazioni fornite dall’UE. A questo proposito va fatta luce sulla responsabilità del governo dimissionario ed in particolare di Conte che, dopo mesi passati a discutere, proporre una regia per il Recovery Plan che avrebbe coinvolto più di trecento  persone, è arrivato alla fine dell’anno con una bozza arrangiata all’ultimo momento che è stata bocciata prima ancora che essa giungesse in dirittura d’arrivo. Sulla vicenda il nuovo governo ha inteso stendere un pietoso velo che non può dirsi accettabile in quanto le responsabilità politiche vanno denunciate. “Eravamo ancora in settembre quando – scrive La Repubblica del 15.9.20 – i progetti presentati dai ministri richiedevano 700 miliardi di Euro anziché i 209 previsti dal Recovery Fund”. “Un assalto alla diligenza che triplicava la spesa totale”. Un progetto assurdo che l’Italia avrebbe dovuto consegnare alla Commissione Europea per accedere agli ingenti stanziamenti previsti. “La cosa che fa più inorridire di quella lista non è tanto l’assurdità e l’inconsistenza di certi progetti: nessuno si scandalizzerebbe di quella lista se fosse stata preceduta da una chiara visione politica del futuro del Paese, magari inclusivo e solidale, come hanno fatto da tempo altri grandi Paesi europei” scrive “La Repubblica” del 15 settembreL’UE nelle sue linee guida chiede poche misure ma di impatto piuttosto che una miriade di investimenti a pioggia. Per l’Italia il governo avrebbe dovuto tener conto delle raccomandazioni UE del 2019-2020 che sono la riforma della giustizia (accelerazioni dei processi), fisco, PA, Istruzione e rafforzamento della Sanità. Una serie di riforme che ancora poco prima del cambio di governo erano in alto mare, trasferendo così al governo Draghi una pesante eredità perché è evidente che sarebbe difficile, nel breve tempo a disposizione, poter affrontare un piano di riforme in quanto le priorità sono innanzitutto la lotta contro la pandemia e alle politiche di sostegno sociale. Sempre su “La Repubblica” del 19 settembre Tito Boeri scrive che “i progetti da finanziare non dovrebbero essere scelti come un concorso di bellezza”. In effetti, si arriva a dicembre senza che la bozza sgangherata del Recovery Plan sia stata rivista. Il disastro è imminente ma sembra che nessuno ne voglia parlare, salvo il solito “guastafeste” Renzi che critica apertamente l’incapacità del governo ed in particolare di Conte e del responsabile dell’Economia di stilare un piano che possa passare l’esame dell’UE. Lunedì 14 dicembre sempre “La Repubblica” scrive che “l’Italia rischia di perdere il tesoro del Recovery Fund. Con il Recovery Fund si sta scherzando con il fuoco: tutti sanno ma nessuna ha il coraggio di rovinare le feste”. Ormai mancano pochi giorni al Natale e nessuno è disposto a perdere popolarità con annunci nefasti o, tanto meno, di dichiarare che non si è in grado di fare progetti. Dopo il Natale è Zingaretti a farsi “timidamente” sentire chiedendo al premier Conte di cambiare l’impostazione della bozza del Recovery Plan preparata dai suoi uffici ma senza mettere in discussione l’esecutivo. Siamo alle strette, ormai, Italia Viva sollecita da settimane un cambio di rotta che Conte sistematicamente esclude. Anzi Renzi fa di più: leggerà il suo contropiano al Senato. Trenta pagine fitte di rilevi e di proposte ma ormai è tardi: Conte è ormai out. Prende ancora tempo tentando l’ultima carta, quella di presentarsi in Parlamento mentre Gentiloni da Bruxelles lancia un ultimo appello che resta inascoltato, chiedendo che l’Italia acceleri le riforme o rischia di non poter accedere ai fondi UE. Dopo la sfiducia del Parlamento, per Conte non ci saranno altre occasioni anche se ancora spera in un Conte ter. Così finisce la carriera di questo avvocato di provincia che ha tentato la scalata ai vertici politici. A gennaio inizia l’era Draghi mentre l’applauso dei funzionari del Governo saluta l’uscita dal Palazzo dell’uomo che volle farsi re. Resta da sperare che rientri a fare il suo lavoro lasciando nell’oblio  i dissesti che ha causato in poco più di 18 mesi di governo, dando un colpo di accelerazione alla crisi politica ormai irreversibile.

Il RECOVERY PLAN E I RITARDI NELLA PREPARAZIONE DA PARTE DEL GOVERNO CONTE

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